mercoledì

Sputerò sulle vostre Tombe. ( La Ballata di Totò C. )

anche i cubetti di ghiaccio smettono di essere indifferenti ed assumono un'espressione pur sempre quadra, ma schifata.

i tre bestioni aprono la porta del locale a calci, tendono le braccia in avanti come se stesse per comparire wanda osiris in cima ad una scala di luce, e lasciano che l'uomo avanzi, pacioccoso e tirato a lucido nel suo completo tre pezzi blu notte.

Si guarda in giro, rotea gli occhietti tondi dietro le lenti degli occhiali costosissimi e poi con piccoli passi da gheisha timida saltella fino al bancone, dove ordina una spremuta d'arancia.
chiude le labbra a culetto di pollo e aggiunge, arrossendo orgoglioso "...siciliana".

è la sua trasferta allegra, è la prima notte da condannato felice e strafottente, il ciuffo sulla fronte brilla di gel costosissimo, una flora di peli azzurrini riluce sotto la pelle sgrassata delle guance, cinque anni sono allegri e remotissimi, non arriveranno mai, e domani li festeggerà con una guantiera di cannoli giganti traboccanti ricotta e canditi.

l'orchestra ha smesso di suonare, e il rumore di quella sua succhiata lunghissima, un sorso a fior di labbra che sancisce il sequestro del succo dal bicchiere alla sua bocca si prolunga ficcante come la punta di uno spillo rovente in un timpano.

mostra il palmo paffuto della mano e col dorso si netta lo spazio tra il naso e il mento, lasciando un'unica molle strisciata di semini e nervetti d'arancia.

allunga una mano, e ficca le dita nella ciotola di frutta secca, rovista, spilucca e lascia tracimare anacardi e arachidi, per poi raccoglierne un pugno con la grazia di una pala meccanica, e ficcarselo in bocca.

"è bieddu stu poistu" commenta, ruotando sul perno dello sgabello.

si guarda intorno, sorride scoprendo dentini piccoli ed ordinati, poi batte la mano sul bancone, come un bimbo impaziente.

"ma cche mminchia è? finì la musica?"

gli orchestrali hanno riposto gli strumenti, sono candele spente.

"non si balla? ma cche è 'sto mortorio?"

una delle tre colonne di carne che lo hanno accompagnato, e che sovrintendono alla sua sicurezza personale, lancia in alto una mano che fiorisce pesantemente fuori dal polsino della camicia bianchissima, e schiocca le dita.

le rischiocca.

schiocca ancora all'indirizzo degli orchestrali, che non si muovono.

"che mminchia siti, suddi? aviti a'ricchi 'ntuippati? il Presidente voli sentiri muisica".

pian piano gli strumenti vengono rintanati nele loro custodie, accompagnati da dita sottili e delicate.

nessuno di loro suonerà questa notte.

altre quattro persone hanno fatto il loro ingresso nella stanza, e si sono piazzate indifferenti agli angoli del salone.

ora e adesso, qui, dobbiamo decidere, io e i soci, cosa fare.

i bozzi sotto le loro giacche non sono grumi di farina, e di certo sono fatti di metallo duro.

"sono venuto da pailemmo appositamente" comunica il [i]Presidente[/i], "al termine di un processo indecoroso, per passare una bella serata, per divettimmi e fare quattro salti. per allontanaimmi dall'aria fetente di una magistratura che ci scassa la minchia, che segue traiettorie ambigue e ben precise, finalizzate a spezzare le gaimbe a chi combatte ogni gioinno il malaffare e quella cosa indefinita e nascosta chissà dove che è la mafia... "

questa volta la mano la schiaffa dentro la ciotola senza grazia, violentemente, imprigionando una decina di arachidi che poi trasferisce in bocca, dove le mastica triturando buccia e seme.

"...e non mi piace questo silenzio improvviso e accusatore, questi sguardi velati e l'atteggiamento di supponente superiorità morale che mi buttate addosso."

salta giù dalla sedia.

"perchè io non ho nulla di cui veiggognammi, io domani sarò al mio posto dietro una scrivania" -si infervora battendosi il pugno contro il petto -"a fare il mio lavoro, a proseguire le mie battaglie, ad onorare la volontà di tutti quegli elettori che mi hanno fatto dono della loro fiducia, e del loro apprezzamento"

raggiunge il centro della sala, compulsa la solidità del pavimento con piccole battute di suola, poi riacquistando la terrificante placidità del suo sorriso paffuto quasi arrossendo ammette:

"e adesso voglio baillare".




non scorderò mai più quella scena.
nessuno di noi la scorderà mai più.


totò inizia a danzare.


senza musica, senza una sola canzone di sottofondo, se non lo schiocco delle dita delle sue guardie del corpo, che battono un tempo impossibile e scoordinato, che con occhi amorosi seguono quell'oscena pantomima, quella di un uomo sgraziato e corpulento che si concentra nel sogno di una danza, una tarantella che si nutre di saltelli e mani sui fianchi, di leziosi sorrisini e giravolte, via via più veloce e furiosa, ed allora ecco che il salone si riempie come di un odore di pesce marcio, di urla da mercato e bestemmie, di profumi strazianti di limoni e scogli battuti dal mare, mentre il Presidente agita le braccia in una danza che ormai è un singulto orgiastico, la caricatura spaventosa di un ballo liberatorio ed offensivo.

uno dopo l'altro i suoi uomini mettono la mano dentro la giacca.

mongo fa per avanzare, canella si alza, wardog si china cercando d slacciare qualcosa di splendente dalla sua caviglia, sotto al pantalone.

ma quelli tirano fuori soltanto delle virgole di bronzo e metallo, sottili linguette che poi perquotono con i pollici, muovendogli intorno le labbra.

è un "dooooooooooing" maranzanesco e languido, un vibrare ossessivo che copre tutto e ci immobilizza a guardare quel sabba solitario.

totò balla e balla e balla, e suda fino a che la sua camicia non è una chiazza scurissima nell'ombra, e pesta i piedi e saltella e gira e spinge le mani contro i fianchi come un'anfora di lardo e pelo, e sorride mentre come uno straccio i suoi capelli zuppi aprono una raggiera di sudore tutto intorno, un cerchio di liquido acre che lo distanzia da noi, dalla stanza, dalla notte, dal mondo, dalla giustizia.

spinge le pelvi in avanti, come penetrasse l'oscurità, trema solido ed insiste, rotea gli occhi dietro le lenti appannatissime, divarica la bocca senza curarsi della bava che sprizza come un'ostensorio blasfemo, e come un cane che punta l'angolo buio di una casa, li dove nessun altro vede nulla che il niente, danza e danza e scopa e fotte e chiava l'aria.


poi gode.


un orgasmo compatto e sugoso come una porzione di meusa palermitana sbattuta dentro due fette di pane caldo, gocciolante ed oscena e carnalmente viva.

totò viene, e poi crolla al suolo.

la sua danza è terminata.

i suoi uomini si fanno avanti e lo raccolgono delicatamente, gli nettano la faccia dalla saliva e dalla bava ancora sfrigolante.

gli occhi di totò sono pieni di piacere.
di soddisfazione.


lo portano via rantolante, ancora preda di continue eiaculazioni.



*


tutto si rimette in moto.

come se una mano malefica avesse pressato il proprio dito sulla pellicola di un vecchio proiettore superotto, congelando gli attori nell'ultima posa, impedendo loro di agire, muoversi, reagire.

e poi avesse lasciato che il film riprendesse.



"per chi era tutto questo?" mi chiede mongo, fissando la pozza sul pavimento dove il presidente della regione sicilia ha appena consumato il suo show mortificante.
"perchè proprio qui?"


lo sappiamo.
non osiamo dirlo.
non osiamo voltarci.
non abbiamo la forza di giraci a guardare i nostri ospiti fantasmi seduti attoniti al tavolo della saletta buia un po' in disparte.








HB

*(totò cuffaro, presidente della regione sicilia, il 18 gennaio è stato condannato a 5 anni per favoreggiamento. ha subito dichiarato di non avere alcuna intenzione di dimettersi, e si è detto sollevato dal fatto che la sentenza -favoreggiamento semplice- abbia dimostrato -a suo dire- che non ha favorito la mafia. del tutto indifferente al fatto che la sentenza specifichi che ha favorito singoli mafiosi, e che sia stato interdetto dai pubblici uffici. addirittura il giorno dopo ha festeggiato la sentenza offrendo ai giornalisti allibiti un vassoio di cannoli).


( da superZ, Tabacco e celluloide, (il salotto buono). )

L'omicidio Kennedy, con il tuo cazzo nella parte del proiettile.

Hank ha scelto la serata sbagliata.

ma forse è quella giusta, proprio per questo.

Hank è venuto a bussare sul retro del locale, trafelato e con gli occhi fuori dalla testa.
tutto normale, cioè.

-"HB, la tipa è dietro, nel cofano" ha sussurrato, e prima che potessi opporre un salutare no a qualunque fosse la proposta, Hank mi ha trascinato per il gomito fuori fino alla sua comet.

ha la barba lunga e sogghigna, deve aver bevuto già molto, e di certo qualunque cosa ci sia nel retro della macchina deve credere che sia il suo lasciapassare alla serata.
la ragazza è piegata in tre, i capelli arruffati e rossi sparsi sul viso come una pizza di paglia.

"eh?" sorride Hank dandomi di gomito, "EH?".

ci metto un po' a capire dentro cosa sia stata stipata, poi la luna fa il suo dovere e disegna i contorni di una piccola voliera da uccelli.

"aiutami" fiata Hank, e senza smettere di ghignare pianta un piede contro al parafango e inizia a tirar su la gabbia.

istintivamente mi precipito a dare un mano, certo come sono che scivolando sulla lamiera la voliera trancerà le dita della tipa, che per evitare ancora scossoni si aggrappa ad una delle sbarre.

ma non basta, Hank molla la presa nel momento meno opportuno, per togliersi una ciocca lunga di capelli sporchi da davanti agli occhi e la voliera ruota su se stessa cozzando poi sulla strada polverosa.

la ragazza emette un gemito.

"allora? ALLORA?" ammicca il vecchio beone, indicando con la punta di una scarpa il bottino.

sto per chiedergli di passarmi la chiave della gabbia, quando da dietro l'angolo dell'edificio che nasconde la sala del nostro Salotto fa capolino la testa oblunga di Rocco.

"bene bene" soffia nell'aria fredda, sguainando un sorriso tagientissimo.

"e così questa sera si fa ancora festa e si lascia di nuovo fuori il buon vecchio Siffrey".

Hank alza la mano fino alla testa, cerca un cappello da levarsi in segno di sussieguosa viltà, ma non trovando nulla gira un dito intorno ad una ciocca unta di capelli.
"Rocco, ehilà amico, stavo giusto dicendo ad hb che non mi è piaciuto che ti hanno lasciato fuori l'ultima volta e..."

"cos'è quello?" soffia fuori dallo spazio tra gli incisivi il palestrato cazzuto, e con un colpo mastro del medio contro il pollice lascia volar via la sua sigaretta, che compie un volo discendente fino ad un centimetro dall'alluce nudo della tipa nella gabbia, che ritrae la gamba come un cerbiatto.

"è per te, rocco, l'ho portata per te e prima che hb mi intimasse di lasciarla qui al locale. guardala Rocco, non ho avuto il tempo di buttarle addosso qualche secchiata di acqua e sapone, ma ti assicuro che che le si scende in gola dritto come un peso da pesca nell'acqua, e che le puoi ravanare dentro senza che gridi o dica di no".

Hank sbava, forse ha davvero imposto una zufolata alla trachea della ragazza, che intanto ha sbarrato gli occhi riprendendo a tremare.
Rocco mi fissa.

si porta una mano istintivamente allo zigomo destro, dove una piccola cicatrice di pelle biancastra sembra assumere la forma delle mie iniziali, come uno svolazzo di filo sulla tasca di una camicia.

"mi impedirete di partecipare alla festa ancora una volta?" chiede, poi con uno scatto della testa fa un cenno a due decerebrati larghi come le mascelle di un maori.

mi ruotano le braccia dietro la schiena.

Rocco prende tra le mani la voliera e la sbatte con forza sul cofano della macchina di Hank.
con una svirgolata di pollice scucchiaia i bottoni dei pantaloni via dalle asole, raccoglie le mutande sotto ai testicoli e si avvicina alla gabbia.

Hank si fa di lato, servile, mentre Siffrey si spruzza sul glande gonfio una cascatella di crema alla cayenna, puntando dritto alla ragazza nella gabbia.

applica alla cappella una calotta metallica con piccoli ami da pesca.

"è il tuo regalo, HB?" chiede, mentre la calotta prende a ruotare meccanicamente.
i due molossi stanno per slogarmi le scapole.
"...adesso vediamo di scartarlo".

In quel momento la voce di Mongo mi chiama.

Rocco si volta.

colpisco con la testa il naso di uno dei due Ebefrenici alle mie spalle.

Mongo avanza.


***


Avanza, Mongo, con quella camminata calma e dinoccolata che potebbe essere inserita tra le specialità olimpioniche e nella quale sarebbe campione, se soltanto non fosse così maledettamente (e giustamente) restio ad ogni sforzo fisico che non contempli anche il contatto con la pelle tiepida di una donna.

Le mie scapole stanno per lanciarsi un un flamenco snaccherante, girate sul loro stesso perno come se i due molossi che mi tengono bloccato volessero forzare la giravolta di una chiavetta da robot invisibile sulla mia schiena, e nel compiere l'operazione si distingue in particolare il golem cui la mia testata ha appena spaccato il setto nasale.

"oh-o" gigioneggia Rocco, socchiudendo gli occhi ipertiroidei, "è davvero una checca vestita di nero quella che avanza?".

i miei capelli sono intrisi di sangue, e forse anche da piccole schegge d'osso: soltanto in questo momento l'armadio cui ho ricacciato il naso nella faccia si avvede di non poter più -probabilmente- sniffare margherite per almeno due mesi, e ringhiando mi pianta un ginocchio solido come una palla da bowling nella spina dorsale.

"ciao Rocco" lascia scivolare fuori dalle labbra insieme ad un bolo traparente di fumo Mongo, avanzando con le mani spinte nelle tasche dei pantaloni, mentre la torsione innaturale della mia schiena mi fa pensare che manca poco a che le mie palle schizzino via come pallettoni incatenati di una lupara feroce.

La ragazza nella gabbia ha iniziato a singhiozzare: rotolando, la voliera le ha incastrato la punta della lingua tra le sbarre e l'asfalto fangoso.

Hank saltella tutto intorno, si stira la barba come preparandosi ad una prima sanguinolenta, ed io guardo il cielo limpido sopra di noi preparandomi all'indecorosa dipartita che lo schiocco finale della mia spina dorsale frantumata certamente mi regalerà.

Mongo si ferma, fissando la mostruosità meccanica fatta di ami da pesca che continua a roteare ipnoticamebnte sul glande paonazzo di Siffrey.

"Riempire la gola alle vacchette con il braccio fino al gomito non era ancora sufficente, Rocco?" gli chiede socchiudendo gli occhi e tirando una mano fuori dalla tasca per passarsela tra i capelli, appena sopra la fronte. "Immagino con quello metterai in atto una tonsillectomia gaggante durante la nuova serie, "Laparoschisi Siffredian Comedy"..."

Rocco è un fesso, lo è sempre stato, ma l'unica parte che gli tira più dell'uccello è l'autocompiacimento.

C'è un che di didatticamente commovente nella maniera in cui si fa serio e indica a Mongo il frullino ungulato che scorazza vorticosamente sulla sua cappella.

"Wow, te ne intendi Mongey, è esattamente così: è ancora un prototipo, e non funziona ottimamente: quando presso troppo si attiva la funzione *polverizza*, ed è già la terza troietta che trapano fino alla nuca, rendendola re-inutilizzabile. Non so da cosa dipenda ma..."

Mongo fa appello all'attimo didascalico per prendere al lazo la dabbenagine di Rocco:

"Potresti piazzare una microcamera proprio dietro l'occipite e filmare l'attimo in cui la cappella sbriciola come un pavesino l'osso e viene fuori. Anzi, perchè non girare una parodia dell'omicidio Kennedy, con il tuo cazzo nella parte del proiettile? E la testa che esplode è quella di Jaqueline, e non di John Fitzgerald"

Non credo alle mie orecchie, e non solo perchè i due macisti me le stanno martoriando di morsi: Mongo è un dio dell'improvvisazione rapsodica, del paradosso nichilista, dell'affabulazione bunueliana, e se la sta cavando da dio.

"Wow, amico, wow!" -esulta Rocco, -"cioè cazzo è un'idea da dio, wowowowowow" urla.

Poi si guarda compiaciuto lo stracciacarne che come un derviscio gli danza sulla punta del cazzo.

Si illumina: "e... e... e..." balbetta eccitatissimo "...e che ne dici, Mongey, se applicassi una microcamera anche qui, dentro al meato? eh? EH? potrei eseguire un montaggio alternato tra la cappella che avanza trapanando in un volare festoso di straccetti di carne e un controcampo che illustra l'uscita del glande dalla nuca e..."

E' felice come un bambino.

Il mondo non esiste più, per lui, si china a guardarsi quel frullio di ami intorno al tronco, ed è in quell'attimo che Mongo compie un gesto elegantissimo e definitivo: uno scappellotto secco sulla sommità della testa macroscopica del fottitore ed ecco che Rocco si piega perdendo l'equilibrio, ritrovandosi col la faccia a pochi centimetri dal cannone spropositato.

Gli ami gli addentano le borse sotto agli occhi, gli uncinano le guance e gli zigomi, gli mordono la fronte e poi gli fiocinano la lingua, corsa fuori dalle labbra ad urlare il suo dolore.


"glahAhaAAhblgh" dice Rocco, ma la sequenza HBLGH espone la lingua bovesca quel tanto che basta perchè il frullio degli uncini gliela arpionino fino alla radice, ficcandosi sul palato e in un gioco terrificante da argano comincino a trascinare il suo capo sempre più giù, fino a che come in una rappresentazione allegorica e grandguignolesca quel salsiccione tumescente e rigidissimo del proprio cazzo non gli scivoli in bocca, avanzando sempre più come una slitta trainata da cani resi folli dalla paura e dalla fame, nel sacro affresco di un'auto fellazio mortale.

I due Grizzly finalmente mi lasciano andare le braccia, fratturate in più punti, e si precipitano sul groviglio di nylon e tessuti strappati che pullulano sull'ex viso di Rocco, il cui corpo è adesso arcuato come un'arpa in erezione.

Mongo mi tira su, sono caduto col viso nel fango e le articolazione spezzate non mi consentivano di sollevarmi ed evitare di schiattare inghiottendo melma.

In uno schiocco bagnato e carnoso l'apparecchietto sulla cappella scorticata di Rocco termina il suo Viaggio nel Meraviglioso Mondo del Corpo Umano: quando un'ammasso fumigante di interiora gli saltano fuori di bocca come un cavallo senza pelle che compia l'ultimo salto oltre un ostacolo, Rocco cade all'indietro, svuotato e crepato anzichenò.

Mongo è in ginocchio accanto a me, e mi sorregge.

I due Bestioni sono in piedi davanti a noi, terrei, ed impugnano ciascuno una pistola che la pioggia, arrivata in ritardo all'appuntamento, sta ricoprendo di saliva di cielo.

Stanno per farci saltare le cervella.

Vorrei fumare, ma le braccia mi hanno abbandonato, ed allora è Mongo che ne accende due e le mette tra le sue e le mie labbra, come facevamo secoli fa dietro la palestra della scuola, quando qualunque punizione per le lezioni saltatae era nulla in confronto ai libri scambiati e al racconto delle prime epidermidi accarezzate ciascuno er roprio conto nel buio di un cinema pomeridiano, sotto la corolla di lana di una gonna di ragazzina.


Guardo Mongo negli occhi, stiamo per morire e chi se ne fotte, quel che conta adesso è soltanto ribadire la genialità della frase che ha detto a Rocco qualche minuto prima, quando ha iniziato a tentare di salvarmi la vita:

"perchè non girare una parodia dell'omicidio Kennedy, con il tuo cazzo nella parte del proiettile? "

Iniziamo a ridere sguaiatamente, con le lacrime che ci disegnano stradine di campagna sulla faccia, con la pancia, ridiamo e ridiamo e forse non c'è nulla di meglio che morire così, se proprio si deve, con un amico accanto sotto la pioggia.

Due spari.

Ma non siamo morti.


Gli scagnozzi di Rocco cadono in avanti, due finestrelle larghe come la pucchiacchia di gilda pedone aperte sulla fronte.


Dietro Hank, il vecchio Hank, il giuda maledetto e vile, che impugna a mani giunte una pistola bella come un carrarmato.

"Cazzo HB, wooooooow Mongo, li ho stesi! Cazzocazzocazzo! Wow!"

Poi ci aiuta a sollevarci, vomita per lo sforzo e si passa le dita sporche di una mano tra i capelli luridi.

"Woooooooooow fratelli! Cazzo, basta più inculate, basta più HOMELESS GONZO, basta più spompinare vecchi fatti di crack sotto ai ponti con Rocco alle calcagna a filmare tutto! E' finita. Il mio debito con lui è saldato".

Poi si sfoga, facendo volar via dalla poltiglia della faccia di Rocco ami e ossa e denti con una raffica ballerina di calci.

"Wooooowow!" ansima. "Questi due bastardi li porto via io, di quello sfaccime di Siffrey occupatevi voi, me ne sbatto le palle"

Ghigna.

Mongo lo aiuta.

Tecnicamente non siamo responsabili di nulla, se non Mongo di aver regalato l'imput a Rocco per il suo primo e ultimo autopompino della sua vita.

***

Quella stessa notte il corpo di Rocco scomparve dalla nostra vita, portato via da Docu.
Docu ha sofferto in passato per una brutta storia di ragazze scomparse nel nulla.
Ha sempre saputo che Rocco c'entrasse qualcosa.
Bruciare il suo corpo sulla collina, a qualche chilometro da qui, è stato un regalo, per lui.


La ragazza nella gabbia ha urlato per notti e notti, nella stanza per gli ospiti.
Lilith le è stata vicina.
Adesso batte a macchina, serve ai tavoli se vuole, accoglie i clienti


Le mie braccia stanno pian piano iniziando a dar segni di vita.
Non saranno più le stesse.
Ma Canella dice che potrò riprendere a scrivere presto.
Bene o male.

Sono stato assente per questo, avete letto poco di me, ulimamente.

Ma il mio amico Mongo, per alleggerirmi lo sforzo, ha piazzato ottimamente tutte le virgole di questo racconto, tutte le volte che il dolore mi ha fatto stringere i denti ma irrigidire le dita.


HB


( da superZ, Tabacco e celluloide, (il salotto buono). )

GILDA NON DEVE MORIRE.

Questo riepilogo non è disponibile. Fai clic qui per visualizzare il post.

L'ultima notte di Cristo

(antefatto: sul forum superZeta, è stato aperto un topic, Jesus Christ Superzeta, all'interno del quale chiunque ha potuto ricreare la figura di Gesù, con interventi narrativi, apporti grafici, filmati. Lo "superzpider@gmail.com" che compare nel racconto che segue, è una newsletter che aggiorna i forumisti -tra l'altro- anche sui topic più letti. Tra cui anche lo stesso Jesus Christ Superzeta. Questi i fatti essenziali, Buona lettura)

***


Niente da fare.

Era la quarta pillola di tavor che gli scivolava giù per i buchi sanguinolenti aperti nel palmo di ogni mano, e le piaghe fresche sulle spalle gli impedivano di piegarsi per raccoglierle.

Si passò la mano tra i capelli, e i resti incrostati di spine giganti gli aprirono altre ferite più profonde tra le dita.

Maddalena dormiva ancora, avvolta nel lenzuolo sporco di sangue e sudore.

Tre giorni.

Erano appena passati, chiuso in quella casa di fango.

Si tirò su, attraversò la piccola stanza e si sedette al tavolo.

Erano tre lunghi giorni, dopo quella storia della crocifissione, che tentava di mettersi n contatto con suo padre.

La pagina brillava stancamente, ma nessun nuovo messaggio nella posta.
Maddalena urlò qualcosa, si agitò, poi si riaddormentò come ripiombando dentro un incubo.

-"Povera donna", pensò.

Riavviò il computer, si trascinò in cucina, lasciando lunghe striature rossastre.

Tre giorni senza cibo.

O meglio, tre giorni senza voler toccare cibo.

Non toccava quell'animale da que giorno sul lago di Tiberiade.

-"Lo odio, il pesce" mormorò, ma ancora una voltà tentò di pinzare tra la punta del pollice e dell'indice la sardina secca nel piatto.

Bastò sfiorarla perchè quella iniziò a moltiplicarsi ad una velocità insostenibile, 10 20 200 mille sardine invasero il cuicinino, coprendo il pavimento fino a raggiungere l'altezza delle sue ginocchia martoriate.

Si chiuse la porta alle spalle e tornò di la.

"..no.. no.. non sono una puttana, sono soltanto na donna innamorata" urlò la donna nel letto, si tirò su come aggrappata a fili invisibili e lo fissò con occhi vitrei.

gli sorrise.

-"sei ancora qui..." sussurrò, e ricadde nel sonno, tranquillizzata dalla sua presenza.

Il nazareno si risedette al tavolo, e questa volta notò la piccola busta stilizzata che lampeggiava.

Un messaggio.

-"...padre..."mormorò, ma dovette trattenere a stento una bestemmia pro domo sua quando lesse il mittente

superzpider@gmail.com

chi diavolo...

Newsletter - The Best of Super Zeta

Per un attimo la ferita purulenta al costato smise di pulsare.

Scorse i caratteri fino a che tra le palebre gonfie di botte non riuscì a leggere

I topic più visti:

e più giù, il suo nome

[O.T.] jesus christ superzeta

Gli si aprì in bocca un sorriso mieloso e caldo, e fu un sorriso pieno d'amore, così radioso da trasformare in piccole fessure di gioia e riconoscenza anche l'assenza di denti e i denti rotti.

Scrollò la pagina, lesse, rise, poi sorrise, rilesse i messaggi e poi esplose in una risata liberatoria che da 33 anni si nascondeva in fondo al suo cuore, dietro le sue parabole, dietro gli scoppi d'ira, dietro miracoli e portenti.

Rise, alzandosi, e quella risata cancellò in un attimo l'umiliazione, il massacro subito, le rinunce di una vita intera, quella risata bollente di gioia e fratellanza gli pulì il viso dai morsi della frusta, dal fango e dagli sputi.

Cadde in ginocchio, spaccandosi definitivamente le rotule fragili, e prima di nascondere il viso nel nido delle mani giunte lanciò un'ultimo sguardo alla donna tra le lenzuola.

Poi sollevò il viso.

Lacrime purissime gli si sciolsero giù per le gote graffiate, perdendosi nella foresta maleodorante della barba crespa.

-"Sono pronto, Padre[/i]", sussurrò dolcissimo.
"Adesso sono pronto".


( da superZ, Jesus Christ Superzeta )