domenica

L' Apparizione di Lola Ferri.

Lola Ferri è (sarebbe, vorrebbe essere) una nuova stellina del porno italico.
un forumista l'ha avvistata alla Fiera del Sesso di Milano.

addirittura.






HB

da sZ

Psicopatologia della Zeta Quotidiana - 9

Balkan Wolf (2)

è vero, ancora una volta BW.
ma BW è uno spunto.
ultimamente ci sono state, in giro per sZ, tensioni botte da orbi chiarimenti, ban fulminei e addii temporanei.
ma ripeto, bw è uno spunto di discussione su dinamiche, apparenze, debolezze, ineluttabilità, manifestazioni, maschere ed identità di ciascuno di noi.




HB

da sZ

Psicopatologia della Zeta Quotidiana - 8

Kronos.

kronos è il re del quote, del riporto dei post cui ribatte punto per punto, con perizia e puntigliosità, sfracassando balle e pazienza al malcapitato che cade sotto la sua scassaminchieria laser.



HB

da sZ

Un Premio per HB

su sZ ogni anno si votano i Super Zeta Awards.
io sono spesso tra i nominati.
ma a me, dei premi, non interessa.
no, davvero.






HB

da sZ

Silvia 79 fa Benzina.

Silvia79, la reginetta podestre, ha postato su sZ una sua foto al distributore di benzina


(qui)

noi siamo in possesso della foto originale, questa:



HB

da sZ

Psicopatologia della Zeta Quotidiana - 7









(cangaceiro è stato bannato innumerevoli volte, ha infranto innumerevoli regole, innumerevoli volte si è reiscritto con nick falsi).

da sZ

Le caprette di Emanuelle Cristaldi.

un utente di sZ scrive( qui) ad Emanuelle che lui ama mangiare le caprette arrosto.

Emanuelle adora gli animali, ha due caprette, e gli risponde.

...lei?




HB

da sZ

Emanuelle Cristaldi e la Gallina

nel suo lungo topic su sZ, la pornostellinadjetc
emanuellecristaldi ha scritto:

*
Scusate, facciamo un momento di raccoglimento e preghiera per una povera gallinella, abbastanza cucciola di neanche 6 mesi, che è stata presa oggi dal mio cane Viola, l'ha morsicata tutta
(...)
L'abbiamo messa in una poltrona, davanti al camino, per scaldarsi e vedere se domani migliorerà.
(...)
se la vedeste, poverina, tutta coperta, come una bellissima personcina dignitosa, che sta zitta nel suo dolore
(...)
un povero animalino, che sta davanti ad un camino, tutto infreddolito e con gli occhini chiusi
(...)
Domani se la gallina starà meglio, vi manderò la foto!!!




HB

da sZ

Emanuelle Cristaldi e il Morbo di Peter Pan

emanuellecristaldi ha scritto:

( qui )
"Io adoro essere corteggiata in eterno, se no non sarei Emanuelle Cristaldi "l'eterna bambina", che non vuole crescere mai, ha il morbo di Peter Pan"



HB


da sZ

Psicopatologia della Zeta Quotidiana - 6

Balkan Wolf.



da sZ

Psicopatologia della Zeta Quotidiana - 5

Io & Emanuellecristaldi



da sZ

venerdì

Psicopatologia della Zeta Quotidiana - 4

Lilith & Shosholoza

"il lupo e l'agnello dormiranno fianco a fianco"
Lilith e Shosholoza no.
ed è probabile che spacchino i denti anche all'agnello e al lupo.




da sZ

Psicopatologia della Zeta Quotidiana - 3

Wardog.

Wardog è una macchina da guerra.
che altro aggiungere?
le mie ultime volontà, probabilmente.




da sZ

Psicopatologia della Zeta Quotidiana - 2

Speranzini.

Speranzini è un utente di sZ, tra i più particolari.
tutto ciò che riguarda puzze corporali, esperienze escrementizie e laidità varie, lo riguarda.
in coda alla tavola un estratto dei suoi post, dove il tipo esce a tutto tondo.


*
Speranzini ha scritto:
Mar Giu 10, 2008 12:50 pm
"per il resto i miei difetti mi piacciono anche la puzza di piedi e le scorre"

*
Speranzini ha scritto:
Mar Giu 10, 2008 12:56 pm
"mica faccio sentire le mie puzze alla gente. immagino anche voi
dico solo che mi piacciono ma con questo non sto dicendo che non mi lavo"

*
Speranzini ha scritto:
Mar Giu 10, 2008 1:23 pm
"le scorregge le fanno tutti e li annusano tutti pure quelli che fanno i sopraffini"

*
Speranzini ha scritto:
Sab Giu 21, 2008 10:43 am
"una volta nella vasca da bagno ho provato a mettermi un dito nel culo è entrata l'acqua tipo clistere sono uscito di corsa sul cesso se no cagavo nella vasca"

*
Speranzini ha scritto:
Sab Giu 28, 2008 3:15 pm
"le puttane mica se la lavano per scopare con me quindi siamo pari"


da sZ

Psicopatologia della Zeta Quotidiana - 1

(prima puntata della pubbblicazionew integrale degli appunti del dott. HB sullo stato psichiatrico degli utenti del forum sZ.)

Ibist e Philippe Mexes.



antefatto:
ibist, personaggio controverso di sZ, manda all'utente philippe mexes un virus, che gli impalla il pc.
p. mexes s'infuria.

il post di ibist dice:

"L'altro giorno stavo cercando di capire se il virus creato per gioco dal mio team di esperti potesse essere una nuova genialata da elargire e ho mandato il file al nostro Philippe Mexes....che si è infuriato...
E' riuscito a rimuovere virus ma si è incazzato dicendo che il pc lui lo usava per segarsi e che avrei rovinato la sua soddisfacente vita sessuale.
Io sono dispiaciuto...però la gente è veramente strana...capisco che non siamo amici...ma uno scherzo ogni tanto mette di buon umore...
"

( da superZ, La cavia da VIRUS: il caso Philippe Mexes. )

In morte di Docu.



docu, docu...
docu lo sapete chi è docu, quel tipo belloccio che si aggira per il locale sproloquiando senza posa, di tavolo in tavolo attaccando bottone con chiunque voglia stare ad ascoltare le sue infinite egolalie su se stesso ed il mondo che vorrebbe, fatto di fabrizicorona e zòccole tenere che pendono soltanto dal suo saporitissimo (a quanto dice) liquido prostatico.

docu docu...

beh, docu è morto
.

*

"lo stiamo perdendo ancora?"

canella si lecca pollice ed indice, poi separa le palpebre di docu, abbandonato sulla poltrona.

"crede di sognare. in realtà sta avvenendo qualcosa di più terribile".

mongo si versa ancora da bere, poi ne riempie altri due per me e doc, lasciandoli in attesa sul tavolo.

canella si guarda in giro.

"smmmmchchchchch sssssmchchchch" poi labbreggia, mimando con le stesse dita usate per slabbrare le palpebre di docu il movimento di chi compulsa del denaro con i polpastrelli.

da sotto la scrivania sale un rantolo.

scostiamo la sedia.

il Gattiglio è li.





sta su un fianco, e agita le zampe come un bartali che pedala a vuoto, ormai pazzo.

"il gatto è nervoso. è agitato" sussurrà canella, mentre le vibrisse del Gattiglio si impennano per un attimo, per poi ricadere come spaghetti scotti ai lati del muso.

"è furioso" dico.

lo è.

il Gattiglio sapete chi è.

ne avete già letto qui.


mongo con la punta dello stivaletto spinge la sedia a chiudere il varco sotto la scrivania.

"quindi?", chiede.

"sta ricevendo i pensieri di docu. tutti. nel cervello."

guardiamo il Gattiglio.

"cioè docu pensa, sbarella, sogna, e tutto quel casino si riversa nel cervello del micio?"

"esattamente".

docu adesso punta il mento al soffitto, un rivolo di bava gli disegna un fiumiciattolo da presepe napoletano giù per il collo, fino ad inzuppargli la camicia.

"è la sua particolarità, no? raccoglie lo smegma psichico che aleggia per il Locale".

il Gattiglio soffia, scopre i denti e poi si disanima.

"soffre?".

canella non risponde, sembra cospargersi di talco sui pettacci del gessato, ma in realtà sta cercando qualcosa.

"sta soffrendo?", chiedo ancora, mentre il Gattigilio emette un gnagnolio lugubre e strascicato, la colonna sonora di un incubo nero e urticante.

"no", mormora canella, sgusciando la rivoltella dalla tasca interna della giacca.

mongo si lascia cadere sul divano, prende tra le dita un cuscino e lo lancia al medico ex boxeur, che lo afferra con naturalità e lo pressa conro la canna della pistola.

"adesso non soffre più".

preme il grilletto, l'esplosione è soffice e condita di piume.

poi la bestia si irrigidisce, per un attimo, strabuzza gli occhi e crepa.

il gattiglio invece sembra ridestarsi.

tende le orecchie come due coltelli a serramanico che si armino per colpire.

ci fissa, il cervello snebbiato, ed emette un grameeeeovzzz di ringraziamento.

è libero.

torna di la, a monitorare il Locale.



"docu è morto?" chiede mongo, dardeggiando con la punta della lingua la fessura in cima ad un bocchino d'avorio, picchettato di rosso, abbandonato dall'atrice armena che frequenta ultimamente.

"chi non lo è, di noi?" chiede danny, lasciando cadere un ampio velo damascato su docu, rigido sulla sedia, come una voliera piena di uccelli addormentati al giungere della notte.


HB

lunedì

Duffy Samsa

la prima foto è di Silvia 79.
ma è finta.
le altre, sono vere.

non so se mi spiego.







HB

( da superZ, Fetish casalingo: alcune foto dei miei piedi. )

sabato

Giustizia.



il governo berlusconi ha deciso di bloccare tutti i denti del giudizio di 1°, 2° e 3° grado.

domenica

L'ammiratore.

silvia 79, infaticabile, posta su sZ due nuove foto, che come spiega raffigurano un suo nuovo ammiratore.

"(...)ho fatto visita in un locale che una mia amica ha recentemente inaugurato a Torino: Extreme Cafè.
Ho trovato un nuovo "ammiratore"."


il fortunato sarebbe questo:






ma si tratta di un falso clamoroso.

noi siamo in grado di mostrarvi le vere foto dell'incontro



HB

( da superZ, Fetish casalingo: alcune foto dei miei piedi. )

L'abbraccio.

"vado, compro del pane e prosciutto per mangiarlo nel pomeriggio, poi torno".

stava ancora pensando all'odore di mollica calda, e di conseguenza ad una mattina di 10 anni prima, seduta su un muretto di pietra accanto ad un ragazzino riccio e sconosciuto, un po' strabico e col quale avrebbe parlato qualche ora dopo, mentre il resto della comitiva si lanciava scemamente palle di neve,
quando una mano le ficcò due dita nell'incavo del gomito, come un cavaliere sgarbato che ti invita a ballare nonostante tu non voglia, e poi percorse 20 metri di asfalto senza renderesene conto, con le suole delle scarpe quasi due fiammiferi che non vogliono saperne di accendersi.

annamaria non riuscì a impedire al proprio naso di lanciarsi nel desiderio di annusare davvero prosciutto e pane, mentre una zaffata di dopobarba dozzinale le si apriva davanti al viso come un sipario cosparso di varechina.

il sesso dell'uomo nell'ombra le cadde sulla linea del naso, con un anonimo pif che fu l'ultima cosa dolce che le capitò di sentire, prima che delle unghie rigide le disegnassero cinque piccole lune lacerate sotto ai capelli ed uno schiaffo le disarticolasse le mandibole, dando il via ad un fischio ronzante nella sua testa.

quindi stava accadendo, senza che nessuna delle teorie di difesa lette su La Donna le tornassero in mente, perchè allo schiaffo ne seguirono altri che le gonfiarono un occhio e le sgonfiarono la forza via dalle gambe.

non si era fatta il bidet.

era uscita per comprare del pane e prosciutto e sarebbe tornata subito, era domenica e non si era fatta il bidet.

e così quando il sesso dell'uomo le spinse contro il pube, le parve di udire quasi il crepitio di quel suo pelo crespo disincrostarsi, un crrrrrrrrrr secchissimo, più secco e arido della piccola conca di sangue fresco e scuro che le invase il ventre.


poi lui le zampillò dentro tremando e ridacchiando, sussurrandole all'orecchio qualcosa che suonò come un complimento sbavato, fatto di X e J e Y e K.

si rialzò, le ginocchia come due nacchere impazzite, dopo essere rimasta un po' così, a sentire il vento basso della stradina laterale dirle qualcosa di confuso nelle orecchie, tra le ciocche di capelli unte di sputo.

aprì meccanicamente la porta di casa, scivolò rigidamente sotto una coltre di coperte morbide e pesanti, 9 minuti dopo, che le si richiusero sopra come un bacio.

si sforzò di ricordare l'odore forte del prosciutto e del pane caldo, ma il naso impiastricciato non ne fu capace, ancora ubriaco di quel nuovo profumo forte e sconosciuto, osceno e crudele, sotto al quale si addormentò.

nel sonno ebbe chiara quale cosa avrebbe ricordato per sempre come una delle più orribili della sua vita.
non lo stupro, quel farsi strada dentro di lei di carne e rabbia.
si sarebbe odiata a vita per aver abbracciato l'uomo.

negli anni a venire avrebbe sempre ricordato come le sue braccia impaurite avevano agito di volontà propria, cingendosi intorno alle spalle del tipo, in un abbraccio spontaneo e che l'avrebbe spinta, per il resto della sua esistenza, a martoriarsele involontariamente, con pizzichi e piccoli tagli provocati dalle sue unghie, ogni volta che la paura o l'ansia l'avessero assalita.



*


siamo qui, nel salotto buono di SZ.

il vetraio polacco, dopo il settimo bicchiere, vomita socchiudendo gli occhi, quasi avesse tra le labbra un oboe gigante e noi non lo vedessimo.
si pulisce con la manica della giacca le labbra, stiracchiandole prima a destra, dopo a sinistra.

è tranquillo ed allegro.

è fidanzato.


lo è da un mese, la sua vita non è cambiata molto se non fosse che adesso quando torna a casa la sera c'è chi lo guida per il corridoio, sostenendolo sotto le ascelle, gli svita gli stivaletti di plastica dai piedi e lo lascia cadere sul divano del soggiorno.
lei si chiama Doina, è di bucarest, lava le scale nel retro di una tipografia in città, ha le tette grosse e i capelli gialli e radi.
lui le vuole bene, lei lo rispetta e le uniche cose che lui disprezza di lei sono i piatti alluci valghi, ma quando scopano lui le ha chiesto di indossare delle calze di cotone pesante, e mentre lei in questo vede un'adorabile innocua fissazione di lui, lui riesce a sovrastare il disgusto per quell'anomalia e a godersi il resto del corpo.

aveva un cane, un bastardo color nocciola dagli occhi sporgenti come un granchio, si chiamava Pitz e gli trotterellava appresso spesso.

Pitz è morto gettando fuori le budella dal naso, il giorno che mentre lui vomitava vino nel retro del locale, accanto al castello di bidoni, un autocompattatore comunale ha posteggiato la ruota proprio sulla schiena del piccolo bastardo nocciola.

il vetraio polacco aveva terminato di vomitare, disturbato dal clangore dei pistoni, e quando aveva notato Spitz sotto la ruota aveva tentato di tirarlo fuori, strattonandolo per le zampe davanti.

quando entrò nel locale con tra le mani mezzo cane, Canella posò la sigaretta sul bordo del piccolo piatto di ceramica, gli chiese cosa fosse successo,e quando quello glielo disse gli assicurò che se avesse lasciato la bestia sotto la ruota quella sarebbe morta lo stesso, ma almeno senza i suoi strattoni sarebbe rimasta intera, e non sbrindellata in due pezzi.

il vetraio si chiama Dariusz, paga puntualmente le sue consumazioni e non sopporta la musica jazz.

ma ama bere ai nostri tavoli, ama l'ancheggiare delle ballerine e di tanto in tanto, quando il locale non brulica, si ferma a sfidare Dietmar, il barista, a braccio di ferro.

...

questa sera Dietmar è stanco, e quando Dariusz si avvicina per la solita sfida, lo invita a rimandare il gioco alla volta dopo.

Dietmar non ha voglia di afferrargli la mano sporca di vomito.

allora Dariuz si siede all'ultimo sgabello, come fa quando è in vena di confidenze, e resta a parlare con Dietmar di donne.

è un pegno che il tedesco accetta di pagare, a volte, quando rappresenta l'ultimo atto prima che un vecchio sbronzo abbandoni il locale.


...


è notte.

gli ultimi conti sono fatti, mongo ha una virgola rossa sul colletto della camicia che scompare nel nulla e riprende sul suo collo.
mongo odia le smancerie, e spesso interrompe baci troppo lunghi con secchi scatti della testa, come se improvvisamente sul fondo della sala comparisse un vecchio amico e lui lo salutasse.

Dietmar ha terminato, ripiega con cura lo straccio sotto al banco e passa a salutarci.

"Quel Dariusz" poi dice.
lo fisso mentre con un gioco di dita riannodo la stringa di una scarpa.
"Sembra una bestia" -prosegue Dietmar, indossando la sua giacca di pelle screpolata -"eppure è capace di struggersi fino alle lacrime per la tenerezza di un ricordo" dice.

Lilith ci passa accanto, ha le palpebre viola ed un sorriso stanco.

"Mi ha raccontato" -conclude Diet, tirando su la zip che gli attraversa il torace -"del suo abbraccio più tenero e bello. l'ultimo, fugace, nel buio di un vicolo, da parte della ragazza più bella del mondo, e che non avrebbe rivisto mai più".

Una nota, un diesis, ci fa voltare, rompendo l'atmosfera.

Donegal ha ancora un dito sul tasto nero del piano alle nostre spalle.

"Dovevo farlo" -sorride Don,- "le storie d'amore mi intristiscono sempre".




HB

venerdì

L'Orrore avanza come un bradipo lentissimo.



o.
mio.
dio.




HB

(la prima foto è di propietà di silvia79, che l'ha postata su sZ)

(da:
"Fetish casalingo: alcune foto dei miei piedi").

martedì

Palle al piede.

silvia79 ha scritto (in uno dei suoi post piedosi su sZ):

Una serata al Bowling
Sono stata costretta a rinunciare ai tacchi ..... ma non alle autoreggenti.


ed ha allegato questa foto


ma noi sappiamo, -vero?- che la vera foto dell'evento è questa



( da superZ, Fetish casalingo: alcune foto dei miei piedi. )

Cervelli Macinati

nuova serie di foto della Piedà.



un particolare nel giro di due ore ha fatto crollare i profitti del Mulino Bianco, mettendo in ginocchio l'azienda.



(la proprietà della prima foto è di silvia79)


(da "Fetish casalingo, alcune foto dei miei piedi").

Incidenti Piedosi

su sZ, un utente ha posto una domanda angosciante riguardo alla più caparbia mostratrice compulsiva di piedi del pianeta, silvia79.:

Urbano Cairo ha scritto:
Comunque mi pare di aver visto Silvia in metro a Torino...
SILVIA ERI TU?!


una foto esclusiva mostra che sì, era lei.



HB

(da "Fetish casalingo,alcune foto dei miei piedi").

mercoledì

La Scrivania.




ancora una volta l'abbiamo trovato nel nostro ufficio.

in lacrime.

Tranciafolli è abbracciato alla scrivania come un cane infoiato alla gamba di un padrone distratto.

mongoxxx lascia trascorrere sempre qualche attimo prima di chinarsi e di sollevarlo.

tentare di sollevarlo, perchè quello si lascia ricadere giù a peso morto.

allora mongo decide che tirarlo per la camicia stazzonata è inutile, scosta la presa alla collottola, e quando come ogni volta il tessuto cede ed il colletto si stacca con un riiiiiiiiiip dall'indumento, ecco che è Dietmar ad intervenire, affondando le dita tra i capelli del vecchio piagnucolante e trascinandolo fuori, mentre quello scalpita e batte i talloni sul pavimento come un redivivo max roach bacchette su tamburi e piatti.

guardo mongo che si accende una sigaretta, col movimento barocco di chi combatte la bellezza del disgusto che un amore così disperato suscita in chi lo osserva ormai da tempo, sempre qui, nella penombra dell'ufficio.

ai piedi della nostra scrivania.

i tasti della macchina da scrivere sono colmi di bava.


ma queste sono solo parole.
è bene che vi racconti i fatti.


*

(Molti anni prima, in un altro ufficio).

*

Tranciafolli, con un ampio movimento circolare del braccio, spinse le carte e i vecchi elastici giù dal tavolo.
Amava l'ordine, ma riusciva a combatterlo sommariamente soltanto col disordine.

Le giornate di straordinario, pensò, sono le peggiori.
E' quasi sera, non c'è freddo e ancora non c'è caldo, tra poco devo tornare a casa.

Le pratiche terminate sono sul piccolo tavolino di legno scuro.

Alzò lo sguardo al soffitto e notò ancora una volta la macchia di umidità così simile ad una donna svestita.

Socchiuse gli occhi ed ebbe un fremito agli inguini.

Sta succedendo,-pensò- sta succedendo...

Non accadeva spesso, ma quando la carne gli comunicava i propri bisogni non sapeva opporsi né negarsi un solitario piacere.

Scostò la sedia, scomparì nello sgabuzzino e tornò con la ramazza in mano.

Sollevò la punta della scopa fino alla macchia, quella forma femminile, e le tastò il pube -la zona di umidità simile ad un pube.
Si spinse sulle dita, grattò più forte con la sommità del bastone contro l'intonaco.

Non era ancora abbastanza.

Iniziò a colpirla con piccoli toc, ritmici e insistenti.

Con l'altra mano si toccò il sesso.

I colpi si fecero più insistenti, ed una sottile polvere di calce si sbriciolò dal soffitto, e per Tranciafolli fu come una richiesta lasciva.

Anche se il polso iniziava a dolergli, intensificò la violenza delle battute, fino a che dal piano superiore non giunsero delle grida di uomo.

Alle grida seguirono delle percosse di sedia sul pavimento, e poi degli insulti.

Tranciafolli si bloccò, perse l'equilibrio e cadde seguito per terra dalla sedia, dalla scopa e dalla pila scomposta di pratiche.

Il frastuono lo atterrì, gli fece scemare l'erezione e nascere il sospetto di essere malato.

Ebbe il tempo di sollevarsi che per le scale udì il suono di passi rabbiosi.
Poi bussarono alla porta dell'ufficio.

Bussarono con molta insistenza, con molta cattiveria, pensò Tranciafolli.
Si slacciò il nodo della cravatta e temette l'insorgere di un infarto, che però non giunse.

Rimase immobile, ansimando.

Da fuori la voce urlò che avrebbe protestato col capo ufficio, col portiere e con l'amministratore del palazzo: sapeva che si trattava di lui, Tranciafolli, e non era la prima volta che i colpi lo disturbavano e che avrebbe fatto di tutto per nuocere al suo lavoro.

Poi si udirono ancora i passi, poi più nulla.

Tranciafolli si rilassò un po', si risedette.

L'aveva fatta grossa.

Di certo le urla dell'inquilino erano state udite da tutti, dal portiere, da tutte le donne del palazzo.

Lo avrebbero deriso.

Sollevò lo sguardo e la macchia tentatrice era li, più oscena ancora.
L'intonaco sbriciolandosi aveva aperto una breccia, una finestrella triangolare dietro la quale rosseggiava la superficie dei mattoni.

Ebbe un fremito per quella donna così selvaggiamente aperta.
Si prese la testa tra le mani, trattenne un gemito, dardeggiò nell'aria con la lingua giallastra, sognando di assaggiare quel sesso pensile.

Bruciante di desiderio si strinse contro al muro, come un orso che ha freddo, si pressò negli angoli, si massaggiò i gomiti velati dalla camicia.

Perchè adesso questo desiderio di donna, perchè così forte e insistente?
Fissò il soffitto ed una stizza rabbiosa lo assalì.

La macchia aveva perso le sembianze di un corpo femminile ed era soltanto una macchia grigia.

Allora sfogliò con furia le riviste nel secchiello verde bottiglia, ma non trovò altro che numeri parole e visi di maschio.

Forse era meglio tornare a casa.
La moglie lo attendeva: tra le mura domestiche quella foia incontrollata lo avrebbe abbandonato.

Però poi pensò agli sguardi accusatori e disgustati dei condomini per le scale, e questo lo trattenne.

Intanto la passione lo prese ancora, e a provocarla fu il pensiero della macchina da scrivere della Guidini, nell'altra stanza.

I tasti della macchina da scrivere della Guidini: piatti, lucidi, e pregni del sapore delle dita di lei.

Ruggì quasi, pensandoci.

Si sentì perso, senza controllo.

Corse di la, accese la luce e si avvicinò allo strumento.

Sollevò il telo di protezione e gli si prostò davanti.

Ficcò le unghie nel legno della scrivania, poggiò il mento sul tasto lungo per gli spazi.

Ebbe l'immagine della Guidini dentro al cervello: le spalle rotonde e strette nel vestito, la curva del suo seno.

Con la punta della lingua sfiorò la F, poi la Q e la H, la J, scese a lambiere la B, la N, leccò il punto interrogativo e la virgola, poi i due punti.

Gli sembrò di sentire il sapore pastoso dei polpastrelli di lei, il calore della pelle.

Il cuore sbraitava e quelle urla represse erano come un sangue pazzo che gli scorreva nel corpo.

Non pensò neanche per un attimo di essere folle, si sentiva soltanto euforico e vivo.

Si ferì un po' la lingua scivolando su fino al rullo rotante e nero, insalivandolo disturbato appena dall'idea di un sesso maschile.

Sentì la pressione dei tasti sulle guance, taglienti contro la pelle.

Spinse tanto il viso tra i pulsanti che senza accorgersene fece scivolare la macchina da scrivere fino all'orlo del tavolo e poi giù per terra.

Seguì un rumore pesantissimo di ferraglia.

Dal piano di sotto giunse un urlo di protesta, poi dei colpi contro il soffitto.
Ma Tranciafolli non ci badò neanche.

Si accasciò sul pavimento, ansimando, le labbra sul legno consumato della pedana della scrivania.

Qui la Guidini poggia i piedi, e a volte forse scalcia via le scarpe e poggia la pianta nuda, paffuta e sudata.

Si esaltò a quel pensierò, e morse quel tratto di legno cilindrico come un cavallo eccitato stringe la mordacchia tra i denti.

Le sue spalle si contrassero e i fianchi gli si strinsero come un anello intorno alle ossa.

Senza rendersene conto si era spinto troppo fin dentro al cavo sottostante la scrivania.

Lui e il suo grasso.

Era rimasto incastrato.

Qualunque idea erotica svanì dalla sua mente e si sentì angosciosamente prigioniero

*

Si divincolò, si scosse tutto, ottenendo soltanto d far traballare il legno pesante.

Da sotto salirono nuove proteste.

Tranciafolli sentì il sudore inzuppargli il colletto della camicia.

Udì dei passi veloci perle scale, e diversi campanelli suonare.

Alzò lo sguardo al muro, all'orologio: le diciannove e cinquantotto minuti.
"Mia moglie avrà già apparecchiato per cena".

La paura pian piano scemò dal suo corpo.



Ma.



L'attenzione gli si bloccò su di un filo bianco, di media lunghezza.

Per terra.

Davanti al suo viso.

Pensò alla Guidini, e allora fantasticò che quello doveva essere di certo un pelo caduto dalle sue mutandine, durante le lunghe ore alla scrivania.

Un pelo di figa.

Avvertì lungo la schiena un vibrare di vertebre, sentendosi un baccello separato in due dal pollice esperto di una massaia.

Protese le labbra per succhiare la reliquia, troppo lontana.

Inspirò, tirò fuori la lingua, ma non riuscì a raggiungerla.

Poi ebbe un pensiero improvviso e sferzante: non era la scrivania a stringergli i fianchi incatenandolo, ma i muscoli sodi delle gambe della Guidini.

Un rigurgito di saliva gli colmò la bocca, si sentì animato da un vigore inaspettato e con colpi vigorosi dei reni prese a scuotere la pesante impalcatura di legno, sollevandosi sulle ginocchia e lasciandosi ricadere giù.

Il frastuono della scrivania montata e posseduta invase la piccola stanza, infuocò i suoi sensi trasformandosi nel gemito di una donna posseduta e sancì definitivamente la sua condanna.

Persa ogni pazienza gli inquilini riuniti sul pianerottolo forzarono la serratura della porta, ma non riuscendo nell'intento la scardinarono a spallate.


Gli uomini ebbero un moto di pena e disgusto, mentre le donne coprirono gli occhi ai bambini perchè non potessero vedere il ragioniere Tranciafolli, cinquantanove anni, seminudo e avvinto alla regolare geometria di legno di una scrivania gridarle esasperato, fremendo e godendo, "ti amo, Guidini, ti amo..."

******

(prologo con funzione di epilogo)

quando Rocco tempo fa tentò di dare fuoco al Salotto, distrutto all'idea che la sua piccola Estrelita avesse scelto di abbandonare le sessioni di gagging giravolte di dita nell'ano e filamentosi ceffoni allo sputo sulle tonsille, si presentò una sera vestito di tutto punto di lamè, lo sguardo ipertiroideo liquoroso e mesto vivificato appena da una striscia di coca, e tra suppliche e minacce ci chiese udienza qui nell'ufficio.
canella sulla polrona in fondo a nettarsi le unghie con la lama gelida di un bisturi, mongo a reprimere una torma di sbadigli di quelli che gli vedi nascere dietro l'epiglottide come uno stormo di corvi indecisi, ed io qui dietro la scrivania a scarabocchiare con una biro l'immagine di un cane sdentato e moribondo.
Rocco chiese che le venisse restituita Estrelita, lo chiese biascicando e spingendo in avanti il pube dietro la patta rinforzata dei calzoni.
"restituire" ripetè freddamente mongo, con il tono definitivo di chi depenna con un taglio definitivo di matita un nome da una lista.
"restituire" ripetè canella senza sollevare lo sguardo dalla piccola ferita appena provocata accidentalmente sulla cuticola di un'unghia.
bhe, di fatto Estrelita non era più con noi, dopo settimane di permanenza come cassiera nel locale e dopo aver preso residenza fissa e definitiva nel cuore di Docu.
docu ed estrela erano altrove, da giorni, quell'altrove fatto di luoghi lontani dei quali il vecchio docu vagheggia spesso, ma che esistono realmente nella topografia del suo dna di viaggiatore pazzo.
tagliando la testa al toro, col secco ZAK di un manolete annoiato, mongo risolse mentendo con gusto, raccontando che Esterelita fosse morta, scrocchiando come un cracker sotto la caduta di una pendola gigante, giorni prima, durante il tentativo di disincastrare le lancette bloccate.
fu li che rocco diede fuori di matto, schiaffeggiandosi il pacco, e in ultima soluzione svitando il tappo da un flaconcino di benzina portato per l'occasione, spargendosela addosso e poi dandosi fuoco tra le lacrime.
anni e anni di animal trainer aggrovigliano il cervello, te lo incasinano come un favo zeppo di api pazze.
in un primo momento io mongo e canella restammo estasiati alla vista di quel pupazzone fiammeggiante, ma poi, -cazzo-, noi si hanno in mano le chiavi di questa piccola sordida isola polverosa di musica tabacco e fantasmi, ed allora mentre i due guardiaspalle rincoglioniti di rocco si adoperavano a spegnere il capo a pisciate, tirammo giù una tenda e gliela calammo addosso, riducendo le fiamme a focherello e l'imbecille al ruolo definitivo di sfigato sopravvissuto.

bene, tutto questo per ricordare cosa ci fosse all'origine della vicenda della presenza di Tranciafolli nel nostro ufficio, adesso.

Rocco si salvò ma riuscì a trasferire le fiamme alla nostra scrivania, che ne fu in parte distrutta.

Acquistammo da un rivenditore la mobilia di un ufficio dismesso, compresa la scrivania e la macchina da scrivere all'origine di questa vicenda.
La scrivania della Guidini.

*

Ecco perchè ogni due mesi circa, quel tragico panzone innamorato e folle di Tranciafolli penetra qui, nel Salotto Buono di sZ, eludendo la sorveglianza con i più bizzarri stratagemmi, ed invade silenziosamente il nostro ufficio, sognante, per riappropriarsi in un molle abbraccio sessualissimo della Scrivania, ficcandocisi sussultante sotto, sbattendoci contro, la lingua lappante a succhiellare tasto per tasto la vecchia Lettera 21 della Guidini.


HB

Barriti e Pedicure.

silvia 79, l'imperterrita podofila, si supera di volta in volta.
su sZ, dopo aver sconvolto il mondo degli umani, ha deciso di minare fin dalle fondamenta quello animale.

dapprima, come se nulla fosse ha postato questa foto



ma subito dopo, mentre torme di poiane si alzavano in volo per andare a cercare la morte contro qualche traliccio elettrico, ha sciorinato in rapida sequenza questo



e questo



la conseguenza terribile è venuta fuori naturalmente come un durone su un alluce valgo

venerdì

Abbandoni e Apostasie.

-"eri il mio dio".
mi ha fissato, freddissima.

-"tu sei atea" le ho detto, un groppo in gola.

-"lo so", lei ha risposto, prima di compiere una lenta giravolta ed andare via per sempre.


HB

lunedì

Il Pasto Nudo

"the frozen moment when everyone sees what is on the end of every fork".
(the naked lunch, william burroughs)

Il Suicidio dei Piedi di Silvia 79

dopo le ultime foto che la scatenata podoesibizionista ha pubblicato su superZeta, hanno deciso di abbandonarci.
li ricorderemo con affetto.



( da superZ, Fetish casalingo: alcune foto dei miei piedi. )

mercoledì

Sputerò sulle vostre Tombe. ( La Ballata di Totò C. )

anche i cubetti di ghiaccio smettono di essere indifferenti ed assumono un'espressione pur sempre quadra, ma schifata.

i tre bestioni aprono la porta del locale a calci, tendono le braccia in avanti come se stesse per comparire wanda osiris in cima ad una scala di luce, e lasciano che l'uomo avanzi, pacioccoso e tirato a lucido nel suo completo tre pezzi blu notte.

Si guarda in giro, rotea gli occhietti tondi dietro le lenti degli occhiali costosissimi e poi con piccoli passi da gheisha timida saltella fino al bancone, dove ordina una spremuta d'arancia.
chiude le labbra a culetto di pollo e aggiunge, arrossendo orgoglioso "...siciliana".

è la sua trasferta allegra, è la prima notte da condannato felice e strafottente, il ciuffo sulla fronte brilla di gel costosissimo, una flora di peli azzurrini riluce sotto la pelle sgrassata delle guance, cinque anni sono allegri e remotissimi, non arriveranno mai, e domani li festeggerà con una guantiera di cannoli giganti traboccanti ricotta e canditi.

l'orchestra ha smesso di suonare, e il rumore di quella sua succhiata lunghissima, un sorso a fior di labbra che sancisce il sequestro del succo dal bicchiere alla sua bocca si prolunga ficcante come la punta di uno spillo rovente in un timpano.

mostra il palmo paffuto della mano e col dorso si netta lo spazio tra il naso e il mento, lasciando un'unica molle strisciata di semini e nervetti d'arancia.

allunga una mano, e ficca le dita nella ciotola di frutta secca, rovista, spilucca e lascia tracimare anacardi e arachidi, per poi raccoglierne un pugno con la grazia di una pala meccanica, e ficcarselo in bocca.

"è bieddu stu poistu" commenta, ruotando sul perno dello sgabello.

si guarda intorno, sorride scoprendo dentini piccoli ed ordinati, poi batte la mano sul bancone, come un bimbo impaziente.

"ma cche mminchia è? finì la musica?"

gli orchestrali hanno riposto gli strumenti, sono candele spente.

"non si balla? ma cche è 'sto mortorio?"

una delle tre colonne di carne che lo hanno accompagnato, e che sovrintendono alla sua sicurezza personale, lancia in alto una mano che fiorisce pesantemente fuori dal polsino della camicia bianchissima, e schiocca le dita.

le rischiocca.

schiocca ancora all'indirizzo degli orchestrali, che non si muovono.

"che mminchia siti, suddi? aviti a'ricchi 'ntuippati? il Presidente voli sentiri muisica".

pian piano gli strumenti vengono rintanati nele loro custodie, accompagnati da dita sottili e delicate.

nessuno di loro suonerà questa notte.

altre quattro persone hanno fatto il loro ingresso nella stanza, e si sono piazzate indifferenti agli angoli del salone.

ora e adesso, qui, dobbiamo decidere, io e i soci, cosa fare.

i bozzi sotto le loro giacche non sono grumi di farina, e di certo sono fatti di metallo duro.

"sono venuto da pailemmo appositamente" comunica il [i]Presidente[/i], "al termine di un processo indecoroso, per passare una bella serata, per divettimmi e fare quattro salti. per allontanaimmi dall'aria fetente di una magistratura che ci scassa la minchia, che segue traiettorie ambigue e ben precise, finalizzate a spezzare le gaimbe a chi combatte ogni gioinno il malaffare e quella cosa indefinita e nascosta chissà dove che è la mafia... "

questa volta la mano la schiaffa dentro la ciotola senza grazia, violentemente, imprigionando una decina di arachidi che poi trasferisce in bocca, dove le mastica triturando buccia e seme.

"...e non mi piace questo silenzio improvviso e accusatore, questi sguardi velati e l'atteggiamento di supponente superiorità morale che mi buttate addosso."

salta giù dalla sedia.

"perchè io non ho nulla di cui veiggognammi, io domani sarò al mio posto dietro una scrivania" -si infervora battendosi il pugno contro il petto -"a fare il mio lavoro, a proseguire le mie battaglie, ad onorare la volontà di tutti quegli elettori che mi hanno fatto dono della loro fiducia, e del loro apprezzamento"

raggiunge il centro della sala, compulsa la solidità del pavimento con piccole battute di suola, poi riacquistando la terrificante placidità del suo sorriso paffuto quasi arrossendo ammette:

"e adesso voglio baillare".




non scorderò mai più quella scena.
nessuno di noi la scorderà mai più.


totò inizia a danzare.


senza musica, senza una sola canzone di sottofondo, se non lo schiocco delle dita delle sue guardie del corpo, che battono un tempo impossibile e scoordinato, che con occhi amorosi seguono quell'oscena pantomima, quella di un uomo sgraziato e corpulento che si concentra nel sogno di una danza, una tarantella che si nutre di saltelli e mani sui fianchi, di leziosi sorrisini e giravolte, via via più veloce e furiosa, ed allora ecco che il salone si riempie come di un odore di pesce marcio, di urla da mercato e bestemmie, di profumi strazianti di limoni e scogli battuti dal mare, mentre il Presidente agita le braccia in una danza che ormai è un singulto orgiastico, la caricatura spaventosa di un ballo liberatorio ed offensivo.

uno dopo l'altro i suoi uomini mettono la mano dentro la giacca.

mongo fa per avanzare, canella si alza, wardog si china cercando d slacciare qualcosa di splendente dalla sua caviglia, sotto al pantalone.

ma quelli tirano fuori soltanto delle virgole di bronzo e metallo, sottili linguette che poi perquotono con i pollici, muovendogli intorno le labbra.

è un "dooooooooooing" maranzanesco e languido, un vibrare ossessivo che copre tutto e ci immobilizza a guardare quel sabba solitario.

totò balla e balla e balla, e suda fino a che la sua camicia non è una chiazza scurissima nell'ombra, e pesta i piedi e saltella e gira e spinge le mani contro i fianchi come un'anfora di lardo e pelo, e sorride mentre come uno straccio i suoi capelli zuppi aprono una raggiera di sudore tutto intorno, un cerchio di liquido acre che lo distanzia da noi, dalla stanza, dalla notte, dal mondo, dalla giustizia.

spinge le pelvi in avanti, come penetrasse l'oscurità, trema solido ed insiste, rotea gli occhi dietro le lenti appannatissime, divarica la bocca senza curarsi della bava che sprizza come un'ostensorio blasfemo, e come un cane che punta l'angolo buio di una casa, li dove nessun altro vede nulla che il niente, danza e danza e scopa e fotte e chiava l'aria.


poi gode.


un orgasmo compatto e sugoso come una porzione di meusa palermitana sbattuta dentro due fette di pane caldo, gocciolante ed oscena e carnalmente viva.

totò viene, e poi crolla al suolo.

la sua danza è terminata.

i suoi uomini si fanno avanti e lo raccolgono delicatamente, gli nettano la faccia dalla saliva e dalla bava ancora sfrigolante.

gli occhi di totò sono pieni di piacere.
di soddisfazione.


lo portano via rantolante, ancora preda di continue eiaculazioni.



*


tutto si rimette in moto.

come se una mano malefica avesse pressato il proprio dito sulla pellicola di un vecchio proiettore superotto, congelando gli attori nell'ultima posa, impedendo loro di agire, muoversi, reagire.

e poi avesse lasciato che il film riprendesse.



"per chi era tutto questo?" mi chiede mongo, fissando la pozza sul pavimento dove il presidente della regione sicilia ha appena consumato il suo show mortificante.
"perchè proprio qui?"


lo sappiamo.
non osiamo dirlo.
non osiamo voltarci.
non abbiamo la forza di giraci a guardare i nostri ospiti fantasmi seduti attoniti al tavolo della saletta buia un po' in disparte.








HB

*(totò cuffaro, presidente della regione sicilia, il 18 gennaio è stato condannato a 5 anni per favoreggiamento. ha subito dichiarato di non avere alcuna intenzione di dimettersi, e si è detto sollevato dal fatto che la sentenza -favoreggiamento semplice- abbia dimostrato -a suo dire- che non ha favorito la mafia. del tutto indifferente al fatto che la sentenza specifichi che ha favorito singoli mafiosi, e che sia stato interdetto dai pubblici uffici. addirittura il giorno dopo ha festeggiato la sentenza offrendo ai giornalisti allibiti un vassoio di cannoli).


( da superZ, Tabacco e celluloide, (il salotto buono). )

L'omicidio Kennedy, con il tuo cazzo nella parte del proiettile.

Hank ha scelto la serata sbagliata.

ma forse è quella giusta, proprio per questo.

Hank è venuto a bussare sul retro del locale, trafelato e con gli occhi fuori dalla testa.
tutto normale, cioè.

-"HB, la tipa è dietro, nel cofano" ha sussurrato, e prima che potessi opporre un salutare no a qualunque fosse la proposta, Hank mi ha trascinato per il gomito fuori fino alla sua comet.

ha la barba lunga e sogghigna, deve aver bevuto già molto, e di certo qualunque cosa ci sia nel retro della macchina deve credere che sia il suo lasciapassare alla serata.
la ragazza è piegata in tre, i capelli arruffati e rossi sparsi sul viso come una pizza di paglia.

"eh?" sorride Hank dandomi di gomito, "EH?".

ci metto un po' a capire dentro cosa sia stata stipata, poi la luna fa il suo dovere e disegna i contorni di una piccola voliera da uccelli.

"aiutami" fiata Hank, e senza smettere di ghignare pianta un piede contro al parafango e inizia a tirar su la gabbia.

istintivamente mi precipito a dare un mano, certo come sono che scivolando sulla lamiera la voliera trancerà le dita della tipa, che per evitare ancora scossoni si aggrappa ad una delle sbarre.

ma non basta, Hank molla la presa nel momento meno opportuno, per togliersi una ciocca lunga di capelli sporchi da davanti agli occhi e la voliera ruota su se stessa cozzando poi sulla strada polverosa.

la ragazza emette un gemito.

"allora? ALLORA?" ammicca il vecchio beone, indicando con la punta di una scarpa il bottino.

sto per chiedergli di passarmi la chiave della gabbia, quando da dietro l'angolo dell'edificio che nasconde la sala del nostro Salotto fa capolino la testa oblunga di Rocco.

"bene bene" soffia nell'aria fredda, sguainando un sorriso tagientissimo.

"e così questa sera si fa ancora festa e si lascia di nuovo fuori il buon vecchio Siffrey".

Hank alza la mano fino alla testa, cerca un cappello da levarsi in segno di sussieguosa viltà, ma non trovando nulla gira un dito intorno ad una ciocca unta di capelli.
"Rocco, ehilà amico, stavo giusto dicendo ad hb che non mi è piaciuto che ti hanno lasciato fuori l'ultima volta e..."

"cos'è quello?" soffia fuori dallo spazio tra gli incisivi il palestrato cazzuto, e con un colpo mastro del medio contro il pollice lascia volar via la sua sigaretta, che compie un volo discendente fino ad un centimetro dall'alluce nudo della tipa nella gabbia, che ritrae la gamba come un cerbiatto.

"è per te, rocco, l'ho portata per te e prima che hb mi intimasse di lasciarla qui al locale. guardala Rocco, non ho avuto il tempo di buttarle addosso qualche secchiata di acqua e sapone, ma ti assicuro che che le si scende in gola dritto come un peso da pesca nell'acqua, e che le puoi ravanare dentro senza che gridi o dica di no".

Hank sbava, forse ha davvero imposto una zufolata alla trachea della ragazza, che intanto ha sbarrato gli occhi riprendendo a tremare.
Rocco mi fissa.

si porta una mano istintivamente allo zigomo destro, dove una piccola cicatrice di pelle biancastra sembra assumere la forma delle mie iniziali, come uno svolazzo di filo sulla tasca di una camicia.

"mi impedirete di partecipare alla festa ancora una volta?" chiede, poi con uno scatto della testa fa un cenno a due decerebrati larghi come le mascelle di un maori.

mi ruotano le braccia dietro la schiena.

Rocco prende tra le mani la voliera e la sbatte con forza sul cofano della macchina di Hank.
con una svirgolata di pollice scucchiaia i bottoni dei pantaloni via dalle asole, raccoglie le mutande sotto ai testicoli e si avvicina alla gabbia.

Hank si fa di lato, servile, mentre Siffrey si spruzza sul glande gonfio una cascatella di crema alla cayenna, puntando dritto alla ragazza nella gabbia.

applica alla cappella una calotta metallica con piccoli ami da pesca.

"è il tuo regalo, HB?" chiede, mentre la calotta prende a ruotare meccanicamente.
i due molossi stanno per slogarmi le scapole.
"...adesso vediamo di scartarlo".

In quel momento la voce di Mongo mi chiama.

Rocco si volta.

colpisco con la testa il naso di uno dei due Ebefrenici alle mie spalle.

Mongo avanza.


***


Avanza, Mongo, con quella camminata calma e dinoccolata che potebbe essere inserita tra le specialità olimpioniche e nella quale sarebbe campione, se soltanto non fosse così maledettamente (e giustamente) restio ad ogni sforzo fisico che non contempli anche il contatto con la pelle tiepida di una donna.

Le mie scapole stanno per lanciarsi un un flamenco snaccherante, girate sul loro stesso perno come se i due molossi che mi tengono bloccato volessero forzare la giravolta di una chiavetta da robot invisibile sulla mia schiena, e nel compiere l'operazione si distingue in particolare il golem cui la mia testata ha appena spaccato il setto nasale.

"oh-o" gigioneggia Rocco, socchiudendo gli occhi ipertiroidei, "è davvero una checca vestita di nero quella che avanza?".

i miei capelli sono intrisi di sangue, e forse anche da piccole schegge d'osso: soltanto in questo momento l'armadio cui ho ricacciato il naso nella faccia si avvede di non poter più -probabilmente- sniffare margherite per almeno due mesi, e ringhiando mi pianta un ginocchio solido come una palla da bowling nella spina dorsale.

"ciao Rocco" lascia scivolare fuori dalle labbra insieme ad un bolo traparente di fumo Mongo, avanzando con le mani spinte nelle tasche dei pantaloni, mentre la torsione innaturale della mia schiena mi fa pensare che manca poco a che le mie palle schizzino via come pallettoni incatenati di una lupara feroce.

La ragazza nella gabbia ha iniziato a singhiozzare: rotolando, la voliera le ha incastrato la punta della lingua tra le sbarre e l'asfalto fangoso.

Hank saltella tutto intorno, si stira la barba come preparandosi ad una prima sanguinolenta, ed io guardo il cielo limpido sopra di noi preparandomi all'indecorosa dipartita che lo schiocco finale della mia spina dorsale frantumata certamente mi regalerà.

Mongo si ferma, fissando la mostruosità meccanica fatta di ami da pesca che continua a roteare ipnoticamebnte sul glande paonazzo di Siffrey.

"Riempire la gola alle vacchette con il braccio fino al gomito non era ancora sufficente, Rocco?" gli chiede socchiudendo gli occhi e tirando una mano fuori dalla tasca per passarsela tra i capelli, appena sopra la fronte. "Immagino con quello metterai in atto una tonsillectomia gaggante durante la nuova serie, "Laparoschisi Siffredian Comedy"..."

Rocco è un fesso, lo è sempre stato, ma l'unica parte che gli tira più dell'uccello è l'autocompiacimento.

C'è un che di didatticamente commovente nella maniera in cui si fa serio e indica a Mongo il frullino ungulato che scorazza vorticosamente sulla sua cappella.

"Wow, te ne intendi Mongey, è esattamente così: è ancora un prototipo, e non funziona ottimamente: quando presso troppo si attiva la funzione *polverizza*, ed è già la terza troietta che trapano fino alla nuca, rendendola re-inutilizzabile. Non so da cosa dipenda ma..."

Mongo fa appello all'attimo didascalico per prendere al lazo la dabbenagine di Rocco:

"Potresti piazzare una microcamera proprio dietro l'occipite e filmare l'attimo in cui la cappella sbriciola come un pavesino l'osso e viene fuori. Anzi, perchè non girare una parodia dell'omicidio Kennedy, con il tuo cazzo nella parte del proiettile? E la testa che esplode è quella di Jaqueline, e non di John Fitzgerald"

Non credo alle mie orecchie, e non solo perchè i due macisti me le stanno martoriando di morsi: Mongo è un dio dell'improvvisazione rapsodica, del paradosso nichilista, dell'affabulazione bunueliana, e se la sta cavando da dio.

"Wow, amico, wow!" -esulta Rocco, -"cioè cazzo è un'idea da dio, wowowowowow" urla.

Poi si guarda compiaciuto lo stracciacarne che come un derviscio gli danza sulla punta del cazzo.

Si illumina: "e... e... e..." balbetta eccitatissimo "...e che ne dici, Mongey, se applicassi una microcamera anche qui, dentro al meato? eh? EH? potrei eseguire un montaggio alternato tra la cappella che avanza trapanando in un volare festoso di straccetti di carne e un controcampo che illustra l'uscita del glande dalla nuca e..."

E' felice come un bambino.

Il mondo non esiste più, per lui, si china a guardarsi quel frullio di ami intorno al tronco, ed è in quell'attimo che Mongo compie un gesto elegantissimo e definitivo: uno scappellotto secco sulla sommità della testa macroscopica del fottitore ed ecco che Rocco si piega perdendo l'equilibrio, ritrovandosi col la faccia a pochi centimetri dal cannone spropositato.

Gli ami gli addentano le borse sotto agli occhi, gli uncinano le guance e gli zigomi, gli mordono la fronte e poi gli fiocinano la lingua, corsa fuori dalle labbra ad urlare il suo dolore.


"glahAhaAAhblgh" dice Rocco, ma la sequenza HBLGH espone la lingua bovesca quel tanto che basta perchè il frullio degli uncini gliela arpionino fino alla radice, ficcandosi sul palato e in un gioco terrificante da argano comincino a trascinare il suo capo sempre più giù, fino a che come in una rappresentazione allegorica e grandguignolesca quel salsiccione tumescente e rigidissimo del proprio cazzo non gli scivoli in bocca, avanzando sempre più come una slitta trainata da cani resi folli dalla paura e dalla fame, nel sacro affresco di un'auto fellazio mortale.

I due Grizzly finalmente mi lasciano andare le braccia, fratturate in più punti, e si precipitano sul groviglio di nylon e tessuti strappati che pullulano sull'ex viso di Rocco, il cui corpo è adesso arcuato come un'arpa in erezione.

Mongo mi tira su, sono caduto col viso nel fango e le articolazione spezzate non mi consentivano di sollevarmi ed evitare di schiattare inghiottendo melma.

In uno schiocco bagnato e carnoso l'apparecchietto sulla cappella scorticata di Rocco termina il suo Viaggio nel Meraviglioso Mondo del Corpo Umano: quando un'ammasso fumigante di interiora gli saltano fuori di bocca come un cavallo senza pelle che compia l'ultimo salto oltre un ostacolo, Rocco cade all'indietro, svuotato e crepato anzichenò.

Mongo è in ginocchio accanto a me, e mi sorregge.

I due Bestioni sono in piedi davanti a noi, terrei, ed impugnano ciascuno una pistola che la pioggia, arrivata in ritardo all'appuntamento, sta ricoprendo di saliva di cielo.

Stanno per farci saltare le cervella.

Vorrei fumare, ma le braccia mi hanno abbandonato, ed allora è Mongo che ne accende due e le mette tra le sue e le mie labbra, come facevamo secoli fa dietro la palestra della scuola, quando qualunque punizione per le lezioni saltatae era nulla in confronto ai libri scambiati e al racconto delle prime epidermidi accarezzate ciascuno er roprio conto nel buio di un cinema pomeridiano, sotto la corolla di lana di una gonna di ragazzina.


Guardo Mongo negli occhi, stiamo per morire e chi se ne fotte, quel che conta adesso è soltanto ribadire la genialità della frase che ha detto a Rocco qualche minuto prima, quando ha iniziato a tentare di salvarmi la vita:

"perchè non girare una parodia dell'omicidio Kennedy, con il tuo cazzo nella parte del proiettile? "

Iniziamo a ridere sguaiatamente, con le lacrime che ci disegnano stradine di campagna sulla faccia, con la pancia, ridiamo e ridiamo e forse non c'è nulla di meglio che morire così, se proprio si deve, con un amico accanto sotto la pioggia.

Due spari.

Ma non siamo morti.


Gli scagnozzi di Rocco cadono in avanti, due finestrelle larghe come la pucchiacchia di gilda pedone aperte sulla fronte.


Dietro Hank, il vecchio Hank, il giuda maledetto e vile, che impugna a mani giunte una pistola bella come un carrarmato.

"Cazzo HB, wooooooow Mongo, li ho stesi! Cazzocazzocazzo! Wow!"

Poi ci aiuta a sollevarci, vomita per lo sforzo e si passa le dita sporche di una mano tra i capelli luridi.

"Woooooooooow fratelli! Cazzo, basta più inculate, basta più HOMELESS GONZO, basta più spompinare vecchi fatti di crack sotto ai ponti con Rocco alle calcagna a filmare tutto! E' finita. Il mio debito con lui è saldato".

Poi si sfoga, facendo volar via dalla poltiglia della faccia di Rocco ami e ossa e denti con una raffica ballerina di calci.

"Wooooowow!" ansima. "Questi due bastardi li porto via io, di quello sfaccime di Siffrey occupatevi voi, me ne sbatto le palle"

Ghigna.

Mongo lo aiuta.

Tecnicamente non siamo responsabili di nulla, se non Mongo di aver regalato l'imput a Rocco per il suo primo e ultimo autopompino della sua vita.

***

Quella stessa notte il corpo di Rocco scomparve dalla nostra vita, portato via da Docu.
Docu ha sofferto in passato per una brutta storia di ragazze scomparse nel nulla.
Ha sempre saputo che Rocco c'entrasse qualcosa.
Bruciare il suo corpo sulla collina, a qualche chilometro da qui, è stato un regalo, per lui.


La ragazza nella gabbia ha urlato per notti e notti, nella stanza per gli ospiti.
Lilith le è stata vicina.
Adesso batte a macchina, serve ai tavoli se vuole, accoglie i clienti


Le mie braccia stanno pian piano iniziando a dar segni di vita.
Non saranno più le stesse.
Ma Canella dice che potrò riprendere a scrivere presto.
Bene o male.

Sono stato assente per questo, avete letto poco di me, ulimamente.

Ma il mio amico Mongo, per alleggerirmi lo sforzo, ha piazzato ottimamente tutte le virgole di questo racconto, tutte le volte che il dolore mi ha fatto stringere i denti ma irrigidire le dita.


HB


( da superZ, Tabacco e celluloide, (il salotto buono). )

GILDA NON DEVE MORIRE.

Questo riepilogo non è disponibile. Fai clic qui per visualizzare il post.

L'ultima notte di Cristo

(antefatto: sul forum superZeta, è stato aperto un topic, Jesus Christ Superzeta, all'interno del quale chiunque ha potuto ricreare la figura di Gesù, con interventi narrativi, apporti grafici, filmati. Lo "superzpider@gmail.com" che compare nel racconto che segue, è una newsletter che aggiorna i forumisti -tra l'altro- anche sui topic più letti. Tra cui anche lo stesso Jesus Christ Superzeta. Questi i fatti essenziali, Buona lettura)

***


Niente da fare.

Era la quarta pillola di tavor che gli scivolava giù per i buchi sanguinolenti aperti nel palmo di ogni mano, e le piaghe fresche sulle spalle gli impedivano di piegarsi per raccoglierle.

Si passò la mano tra i capelli, e i resti incrostati di spine giganti gli aprirono altre ferite più profonde tra le dita.

Maddalena dormiva ancora, avvolta nel lenzuolo sporco di sangue e sudore.

Tre giorni.

Erano appena passati, chiuso in quella casa di fango.

Si tirò su, attraversò la piccola stanza e si sedette al tavolo.

Erano tre lunghi giorni, dopo quella storia della crocifissione, che tentava di mettersi n contatto con suo padre.

La pagina brillava stancamente, ma nessun nuovo messaggio nella posta.
Maddalena urlò qualcosa, si agitò, poi si riaddormentò come ripiombando dentro un incubo.

-"Povera donna", pensò.

Riavviò il computer, si trascinò in cucina, lasciando lunghe striature rossastre.

Tre giorni senza cibo.

O meglio, tre giorni senza voler toccare cibo.

Non toccava quell'animale da que giorno sul lago di Tiberiade.

-"Lo odio, il pesce" mormorò, ma ancora una voltà tentò di pinzare tra la punta del pollice e dell'indice la sardina secca nel piatto.

Bastò sfiorarla perchè quella iniziò a moltiplicarsi ad una velocità insostenibile, 10 20 200 mille sardine invasero il cuicinino, coprendo il pavimento fino a raggiungere l'altezza delle sue ginocchia martoriate.

Si chiuse la porta alle spalle e tornò di la.

"..no.. no.. non sono una puttana, sono soltanto na donna innamorata" urlò la donna nel letto, si tirò su come aggrappata a fili invisibili e lo fissò con occhi vitrei.

gli sorrise.

-"sei ancora qui..." sussurrò, e ricadde nel sonno, tranquillizzata dalla sua presenza.

Il nazareno si risedette al tavolo, e questa volta notò la piccola busta stilizzata che lampeggiava.

Un messaggio.

-"...padre..."mormorò, ma dovette trattenere a stento una bestemmia pro domo sua quando lesse il mittente

superzpider@gmail.com

chi diavolo...

Newsletter - The Best of Super Zeta

Per un attimo la ferita purulenta al costato smise di pulsare.

Scorse i caratteri fino a che tra le palebre gonfie di botte non riuscì a leggere

I topic più visti:

e più giù, il suo nome

[O.T.] jesus christ superzeta

Gli si aprì in bocca un sorriso mieloso e caldo, e fu un sorriso pieno d'amore, così radioso da trasformare in piccole fessure di gioia e riconoscenza anche l'assenza di denti e i denti rotti.

Scrollò la pagina, lesse, rise, poi sorrise, rilesse i messaggi e poi esplose in una risata liberatoria che da 33 anni si nascondeva in fondo al suo cuore, dietro le sue parabole, dietro gli scoppi d'ira, dietro miracoli e portenti.

Rise, alzandosi, e quella risata cancellò in un attimo l'umiliazione, il massacro subito, le rinunce di una vita intera, quella risata bollente di gioia e fratellanza gli pulì il viso dai morsi della frusta, dal fango e dagli sputi.

Cadde in ginocchio, spaccandosi definitivamente le rotule fragili, e prima di nascondere il viso nel nido delle mani giunte lanciò un'ultimo sguardo alla donna tra le lenzuola.

Poi sollevò il viso.

Lacrime purissime gli si sciolsero giù per le gote graffiate, perdendosi nella foresta maleodorante della barba crespa.

-"Sono pronto, Padre[/i]", sussurrò dolcissimo.
"Adesso sono pronto".


( da superZ, Jesus Christ Superzeta )

giovedì

il Gattiglio.



gira nell'ombra, il Gattiglio.

quando notturnamente rilassati sulle poltrone del Salotto, o abbandonati coi gomiti sul legno dei tavoli, vi lasciate invadere i ricordi da un hannouccisoluomoragnochisiastatononsisà, ecco che allora la peluria delle sue orecchie si fa di diamante, e vi sega le ossa dei malleoli, facendovi trasalire, passando nel varco delle vostre caviglie.

il Gattiglio dalle lunghe orecchie non è cattivo.

è il Sacro Usurpatore, il detentore dello Stile.

è un felino snob e tabaccoso, ed è il vero padrone del locale.

oramai mi sono abituato, e così i miei soci, ma le prime volte era impressionante vederlo fissare negli occhi qualcuno, e a rizzarsi come una cordigliera ispida era il pelo sula nuca del malcapitato, e non quello nicotinico del Gattiglio.

ho visto canticchiatori di Al Bano sollevarsi dalla sedia come se due dita invisibili e tenaci gli stringessero la carotide, e combattere contro il nulla divincolandosi sino al bagno, per poi cadere in ginocchio davanti al Gattiglio dalle Lunghe Orecchie.

ho visto il travet dal baffo impomatato pinzarsi tra le dita la lingua, che un attimo prima aveva zufolato "Italia" di Reitano, tranciarsela con una sola calata di denti, e zampillare sangue sugli specchi dei cessi, per poi fuggire con impressa nella retina l'immagine della Placida Mascotte del Salotto che socchiudeva gli occhi, appagata.

quando stringendovi alla donna appena rimorchiata -ballando- le presserete il pube contro il pube, mentre le spazzole sczzzttttzzz-tzzzzeranno sui tamburi della batteria, non lasciatevi mai sgorgare dalla memoria un meeeeentrelaTivvù/cantavaaaa/èTropicana-Yeah, perchè i minuscoli ma aguzzi dentini del Gattiglio vi separeranno la cucitura del cavallo dei pantaloni e una zampa ungulata sapiente come il medio di un proctologo svizzero vi artiglierà attraversandovi il retto lo stomaco, e ve lo sciorinerà fuori dal culo, portandoselo dietro come un gomitolo sanguinolento nel retro, lasciandovi afflosciato sulle tavole della sala come un pinocchietto sgonfio dai gusti inaccettabili.


il Gattiglio, l'adorabile attentissima mascotte del Salotto, non è cattiva.


abbiate il buongusto di avere gusto, con lui.


HB


(la foto del gatto fumatore è stata rintracciata da mongoxxx)


( da superZ, Tabacco e celluloide, (il salotto buono). )

mercoledì

Due giovani.

stanno iniziando adesso, le mie mani, a smettere di tremare.

ma non è paura, lo sapete bene.
è violenza che si scioglie pian piano dopo ore, come un gatto sfinito e non più furioso in un sacco di tela grezza.

chiaro, così come questo sui polsini è sangue.


è vero, li ho picchiati duramente


*


qui al mattino resta l'odore sigaroso di voi (di noi).
mattino...
insomma: quell'ora indefinita chiamata "molto dopo che i cristi per bene saltano giù dal letto e girano per il mondo".

fatto sta che rotolo sulle lenzuola, mi divincolo dall'abbraccio della tipa che avete visto ieri notte con me accanto al piano, -si, quella elefantiaca tra la gola e l'ultima costola in basso- e fumo la mia prima della giornata, seduto sul bordo del letto, la canottiera old style stropicciata ma eroicamente bianca.

è tempo di caffè.

vado di la, le narici si svegliano esattamente 9 minuti dopo di me e reclamano quell'odore marrone e forte.

spacco la capocchia ad un cerino superstite e metto su il caffè.

e poi lo sento.

di la, nella sala.

al piano.

spingo il viso oltre la tenda rossobuio pesante, e quel tipetto è li.

"sarà docu", penso, "cazzo la tristezza e il rimpianto sono una droga per il ragazzo", e faccio per tornare nel cucinino a mettere sul fuoco una caffa più grande, quando quel rasatello pompato e assorto inizia a canticchiare.

sniiiiiiif, sniffo l'aria, c'è ancora l'odore di sudore geniale di Nat Kink che ristagna come un'anima pervicace tra le poltrone e i tappeti e i bicchieri rotti sul pavimento.

"ciao docu" mormoro, e quello salta su come un furetto infilzato e assume la posa d'attacco di un karateka di periferia.

non è docu.

"chi cazzo sei" chiedo, mentre la seconda della giornata vola fino alle mie labbra e prende fuoco.

non cambia la posa, fa il broncetto e con la voce adenoidea naseggia:"...siamo snaagazzi di ogi penziamo sempre all'Americaah guaddiamo lontano troppo lontano...".

la cenere cade giù come un grappolo di suicidi dalle twin towers, lo fisso negli occhi piccoli e pieni di iride scura.

"che fai qui" chiedo, ma è una domanda senza punto interrogativo, fornita piuttosto di un sovrappiù di irritazione.

si libera le froge con un risucchio e papereggia malinconico "...nato ai boddi di periferia dove i trammh non uaanno avanti più dove l'aria é poppolareeh e più facile sognareeh che guaddare in faccia realtá..."

poi scoppia in una risata idiota e eddymurphesca che mi fa drizzare i peli tra il coccige e la nuca.




si esibisce in un balletto da megapalco illuminato, come se non fosse il mio sguardo disgustato a chiuderlo in due occhi di bue di disprezzo, ma uno spot light da duecentoventottomila magawatt.

la seconda cicca muore come una formica sfortunata sotto la punta della mia scarpa semilucida.

"bambo, hai tre minuti per raccogliere quella giacchetta versace dalla poltrona, tirare su per l'ultima volta col nasino l'odore di questo buio e poi smammare".

ride ancora, vagamente downesco, poi indica tutta la sala lasciando volare la mano a palmo in aria in un arco esplicativo

"siete morti, capisci? moootti. cazzo vi riunite la notte come cadaveri nostalgici, spipazzate e bevete e vi citate addosso, chiudete le porte e le finestre e mangiate fumo e cazzate, vi sbranate l'un l'altro il cervello, fingendo di carezzarlo, siete una sola unica emorme sega collettiva fatta di canzoni passate, eroi senza gloria, vecchie bagasce morte e sepolte, nuove zoccolette da due lire, polmoni marci e fegati necrotizzati, mentre fuori di qui le tette volano, le fighette urlano di fame e voglia, i culi si dilatano cme nacchere felici, e voi.....? un vecchio medico cinico e rimbambito, un poeta schizzato tra le xxx, un drogato e un buffone che nasconde nel disprezzo la sua inadeguatezza alla vita, una succhiacazzi dell'est e una puttanella calabra..." sputa sul pavimento.

"siete morti".

la quarta siga gli lancia un segnale d'allarme, con un lampeggìo rosso che non coglie.

"ma adesso è tempo di cambiare" gnagnareggia "è tempo che si aprano le finestre, che circoli aria nuova, figa nuova e multimediale" si esalta agitando le mani come quelle di un pontefice appena entrato nel tunnel del parkinson, "e poi" mi punta addosso quei forellini gelatinosi sotto le sopracciglia "MUSICA nuova!"

indica il piano.

"oooòòòòooo beiiibi beiiiibiii beiiiibi" dileggia, "non uno solo dei vostri cantanti del cazzo è morto da meno di 50 anni" poi sentenzia, sottolineando il tutto con quella risata da beota milionario, neanche si fosse scopato una svizzerotta dal sedere perfetto qualche ora prima.

si ficca due dita tra le labbra e sotto ai denti.

lo apprezzo solo per un attimo, per la sincerità del suo fischio.

la porta si apre, e quel bambolotto glassato e ipertiroideo del suo socio entra, goglottando di giovani sfigatelli e periferie, di miti e uomini ragno.




sghignazzano, si spalleggiano e sbavano.


si stancheranno.

sono giovani.

è giusto che sognino le loro guerre, come noi abbiamo superato le nostre.


...


decido di lasciarli stare, e di tornare di la, lasciarmi cadere tra le braccia e le gambe della tipa bombata e di festeggiare i decenni che mi separano da loro.



se non fosse che.


il che è un freno a mano tirato all'improvviso mentre l'auto supera il cancello di un manicomio per andare via.

"cazzo è 'sta vecchia, aò" urlano le adenoidi del primo.

"cazzo ne sò, però io me la sbattessi alla grande, sta milf facciadiporca pompapazza", chiosa il secondo.


si stanno massaggiando il pacco davanti ad una delle foto appese alla parete.





(...)


tenere tra indice e medio una sigaretta che brucia mentre rimodelli nasi zigomi e ossa, disegnando nel buio una partitura di blues con cenere e lapilli, è arte.

il sangue è una languida chiave di violino
.




HB


( da superZ, Tabacco e celluloide (il salotto buono). )

Jelly Roll Morton suonerà per noi.

il vecchio Jelly Roll M. ci sarà, questa notte.



"sarò allegro, feroce e affamato" ha detto, "voglio vedere i tacchi schizzare scintille sul parquet e le anche delle signore frullare.
e poi, dopo, una bistecca al sangue.
".

porterà i ragazzi, e alcune casse di whiskey.

HB

( da superZ, Tabacco e celluloide, (il salotto buono). )

Una nuova ballerina.

sarà la fine di questo posto.

non ora, non adesso, ma il fumo volerà via dai vetri rotti e resterà soltanto qualche dentiera sotto ai divani e qualche giarrettiera umida dietro le porte.

ok, dimena il culo, sgambetta e sorride a comando, e ticchetta sui taccchi come un reporter di nera dopo la una strage in un garage, la ragazza.

non importa se adesso basta un solo sguardo per intenderci, se Mongo solleva lo sguardo oltre la linea del bicchiere o se Canella si sfiora il lobo dell'orecchio per mandare un segnale silenzioso e definitivo, o se sollevo gli angoli della bocca nel ghigno che mi conoscete, ragazzi.

poco importa se sarà come passarsi un accendisigari da buoni amici, e se metteemo una cravatta annodata sulla maniglia della porta dello scannatoio per avvertire che dentro ci siamo noi, è il nostro turno e la ragazza che balla sul tavolo apre le gambe e ci accoglie e finge di perdere la testa.

non ora e non adesso, ma sarà la fine di questo posto.

sbroccherà Docu.

e poi Mavco.

e soppeseremo i tirapugni in tasca guardandoci in cagnesco.

quanto sopporteremo questo risolino stolto, e i capelli vaporosi e le sottili dita da masturbatrice onirica che miss Swe userà per allentarci i nodi della cravatta o per far volare via uno sbroffo di cenere dai calzoni?

e quando Rocco guairà come un coyote fuori dal locale per entrare e sbattersela contro la parete piastrellata del bagno, e sguinzaglierà i suoi Malony's per seguirne il profumo fin dentro al camerino o per chiuderla in un sacco e portargliela fin davanti alla porta del suo bordello n fondo alla strada?

ok, profuma di carne pulita e fresca, ha spalle nude e teneramente coperte da una patina di sudore saporito e speziato quando termina il suo balletto da gatta infilzata.

ma ripeto, sarà l'inizio della fine.

quando l'afrore di una mutandina sprimacciata tra le cosce da sciacquetta richiamerà quella palletta del Pince, allora ne riparleremo.

quando quella palletta del Pince singhiozzerà come un'agnellina isterica per poter entrare e dedicarle le sue stronzate al piano, allora vorrò vedere chi lo schioderà dallo sgabello ancora tuto tremante d'ispirazione e lo scaraventerà fuori tra i bidoni del retro.

ok.

ne riparleremo.

benvenuta.


HB


( da superZ, Tabacco e celluloide, (il salotto buono). )

Notte all' HB's Bar 1

Non c'è un solo sorriso che non abbia la nitidezza del ghiaccio, questa notte, e chi non sorride ha un sorriso finto fatto di mani che lisciano velocemente un baffo, o di dita sottili e ungulate che lavano via da un incisivo una sbaffata di rossetto.

Ciascuno ha scelto il cono d'ombra dove posizionarsi, perchè è una serata speciale questa, perchè la musica vien fuori dagli strumenti per quella che è, ma quando supera la barriera di un ciuffo di capelli o di un tirabacio o di una basetta umida e millimetrica e si scioglie dentro l'orecchio, ecco che allora si dipana nella metrica personalissima delle melodie personali.

Cosa sta vibrando dentro mongo per regalargli quel sorriso disincantato ma dolce?
E in che maniera spazza via dal corpo breviforme di lord pince la maestosità di un johann sebastian b. per lasciargli correre dentro una mandria sincopata di be-bop?

Pimpi ha allungato diagonalmente la sua gamba lungo quella di Z, appena fuori dal perimetro del tavolo, come se una paralisi sensualissima li abbia disegnati in un anomalo ed eterno paso doble.

Nick è di la, ed io torno da lui.

Ha raccolto rivoli di sangue e lacrime e bicchierate di disprezzo, questo divano, e adesso è la culla blasfema di un angelo perverso e puttaniere, strafatto e stazzonato.

"le spingevo gli angoli degli occhi ancora più in la con i pollici" mormora nick "più in la più in la, mentre arrotolavo lenzuola e pantaloni scalciando in fondo al letto, ma lei non era il mio piccolo amore cinese".

e beve lappando come un cucciolo con la lingua dentro un bicchiere oramai vuoto.

Si addormenta ancora una volta.

Torno di la.

Si muovono ora a destra ora a sinistra, come uno stormo migratore indeciso che invade il pavimento invece che i cieli, i miei ospiti.

Lilith si è seduta, ma adesso è Can. a mostrarle un profilo di pietra, increspato dalla cinica certezza della fame di parole di lei.

Una minuscola invisibile mollica è incastonata sotto l'impercettibile piccola piega sotto la punta dell'indice di lui, li dove anni di lucido metallo hanno disegnato la conca precisa che spesso accoglie il suo affilatissimo strumento da incisione.

BW è impeccabile quando entrando taglia l'aria fumosa, e solo tre goccioline rosso rubino sul polsino detro mi raccontano che fuori, dietro il locale, tra i bidoni della cucina, ha appena regolato un rapidissimo conto.

( a suivre)

( da superZ, Tabacco e celluloide, (il salotto buono). )