mercoledì

Due giovani.

stanno iniziando adesso, le mie mani, a smettere di tremare.

ma non è paura, lo sapete bene.
è violenza che si scioglie pian piano dopo ore, come un gatto sfinito e non più furioso in un sacco di tela grezza.

chiaro, così come questo sui polsini è sangue.


è vero, li ho picchiati duramente


*


qui al mattino resta l'odore sigaroso di voi (di noi).
mattino...
insomma: quell'ora indefinita chiamata "molto dopo che i cristi per bene saltano giù dal letto e girano per il mondo".

fatto sta che rotolo sulle lenzuola, mi divincolo dall'abbraccio della tipa che avete visto ieri notte con me accanto al piano, -si, quella elefantiaca tra la gola e l'ultima costola in basso- e fumo la mia prima della giornata, seduto sul bordo del letto, la canottiera old style stropicciata ma eroicamente bianca.

è tempo di caffè.

vado di la, le narici si svegliano esattamente 9 minuti dopo di me e reclamano quell'odore marrone e forte.

spacco la capocchia ad un cerino superstite e metto su il caffè.

e poi lo sento.

di la, nella sala.

al piano.

spingo il viso oltre la tenda rossobuio pesante, e quel tipetto è li.

"sarà docu", penso, "cazzo la tristezza e il rimpianto sono una droga per il ragazzo", e faccio per tornare nel cucinino a mettere sul fuoco una caffa più grande, quando quel rasatello pompato e assorto inizia a canticchiare.

sniiiiiiif, sniffo l'aria, c'è ancora l'odore di sudore geniale di Nat Kink che ristagna come un'anima pervicace tra le poltrone e i tappeti e i bicchieri rotti sul pavimento.

"ciao docu" mormoro, e quello salta su come un furetto infilzato e assume la posa d'attacco di un karateka di periferia.

non è docu.

"chi cazzo sei" chiedo, mentre la seconda della giornata vola fino alle mie labbra e prende fuoco.

non cambia la posa, fa il broncetto e con la voce adenoidea naseggia:"...siamo snaagazzi di ogi penziamo sempre all'Americaah guaddiamo lontano troppo lontano...".

la cenere cade giù come un grappolo di suicidi dalle twin towers, lo fisso negli occhi piccoli e pieni di iride scura.

"che fai qui" chiedo, ma è una domanda senza punto interrogativo, fornita piuttosto di un sovrappiù di irritazione.

si libera le froge con un risucchio e papereggia malinconico "...nato ai boddi di periferia dove i trammh non uaanno avanti più dove l'aria é poppolareeh e più facile sognareeh che guaddare in faccia realtá..."

poi scoppia in una risata idiota e eddymurphesca che mi fa drizzare i peli tra il coccige e la nuca.




si esibisce in un balletto da megapalco illuminato, come se non fosse il mio sguardo disgustato a chiuderlo in due occhi di bue di disprezzo, ma uno spot light da duecentoventottomila magawatt.

la seconda cicca muore come una formica sfortunata sotto la punta della mia scarpa semilucida.

"bambo, hai tre minuti per raccogliere quella giacchetta versace dalla poltrona, tirare su per l'ultima volta col nasino l'odore di questo buio e poi smammare".

ride ancora, vagamente downesco, poi indica tutta la sala lasciando volare la mano a palmo in aria in un arco esplicativo

"siete morti, capisci? moootti. cazzo vi riunite la notte come cadaveri nostalgici, spipazzate e bevete e vi citate addosso, chiudete le porte e le finestre e mangiate fumo e cazzate, vi sbranate l'un l'altro il cervello, fingendo di carezzarlo, siete una sola unica emorme sega collettiva fatta di canzoni passate, eroi senza gloria, vecchie bagasce morte e sepolte, nuove zoccolette da due lire, polmoni marci e fegati necrotizzati, mentre fuori di qui le tette volano, le fighette urlano di fame e voglia, i culi si dilatano cme nacchere felici, e voi.....? un vecchio medico cinico e rimbambito, un poeta schizzato tra le xxx, un drogato e un buffone che nasconde nel disprezzo la sua inadeguatezza alla vita, una succhiacazzi dell'est e una puttanella calabra..." sputa sul pavimento.

"siete morti".

la quarta siga gli lancia un segnale d'allarme, con un lampeggìo rosso che non coglie.

"ma adesso è tempo di cambiare" gnagnareggia "è tempo che si aprano le finestre, che circoli aria nuova, figa nuova e multimediale" si esalta agitando le mani come quelle di un pontefice appena entrato nel tunnel del parkinson, "e poi" mi punta addosso quei forellini gelatinosi sotto le sopracciglia "MUSICA nuova!"

indica il piano.

"oooòòòòooo beiiibi beiiiibiii beiiiibi" dileggia, "non uno solo dei vostri cantanti del cazzo è morto da meno di 50 anni" poi sentenzia, sottolineando il tutto con quella risata da beota milionario, neanche si fosse scopato una svizzerotta dal sedere perfetto qualche ora prima.

si ficca due dita tra le labbra e sotto ai denti.

lo apprezzo solo per un attimo, per la sincerità del suo fischio.

la porta si apre, e quel bambolotto glassato e ipertiroideo del suo socio entra, goglottando di giovani sfigatelli e periferie, di miti e uomini ragno.




sghignazzano, si spalleggiano e sbavano.


si stancheranno.

sono giovani.

è giusto che sognino le loro guerre, come noi abbiamo superato le nostre.


...


decido di lasciarli stare, e di tornare di la, lasciarmi cadere tra le braccia e le gambe della tipa bombata e di festeggiare i decenni che mi separano da loro.



se non fosse che.


il che è un freno a mano tirato all'improvviso mentre l'auto supera il cancello di un manicomio per andare via.

"cazzo è 'sta vecchia, aò" urlano le adenoidi del primo.

"cazzo ne sò, però io me la sbattessi alla grande, sta milf facciadiporca pompapazza", chiosa il secondo.


si stanno massaggiando il pacco davanti ad una delle foto appese alla parete.





(...)


tenere tra indice e medio una sigaretta che brucia mentre rimodelli nasi zigomi e ossa, disegnando nel buio una partitura di blues con cenere e lapilli, è arte.

il sangue è una languida chiave di violino
.




HB


( da superZ, Tabacco e celluloide (il salotto buono). )

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